REGGIO EMILIA – Il piano strategico si chiama Team 23, in quanto giungerà al traguardo nel 2023. Il nome è fonte di inquietudine tra i dipendenti di Unicredit, la cui strategia di contenimento costi prevede, in Italia, la chiusura di 450 filiali e il taglio di 5.500 dipendenti. Numeri annunciati il 3 dicembre scorso dall’amministratore delegato Jean Pierre Mustier.
Nello specifico, come la riorganizzazione inciderà a livello locale, non è stato ancora definito. Dal punto di vista del personale, secondo una stima dei sindacati, a livello regionale sono previsti circa 600 esuberi, un centinaio dei quali nella nostra provincia dove attualmente gli impiegati in forza all’istituto sono poco più di 400. La dimensione degli esuberi è dunque quella di uno su quattro.
Una ristrutturazione che si aggiunge alle 150 uscite di lavoratori già conosciute dalla banca nella nostra provincia, dovute al piano industriale che ha abbracciato gli ultimi quattro anni. Come già avvenuto nel precedente periodo, Unicredit è orientata a preferire i pre-pensionamenti, facendo ricorso al fondo di solidarietà dei bancari. Un’emorragia che, in pratica, non si è mai fermata. Dodici anni fa, quando il gruppo è nato dalla fusione tra tra Unicredito Italiano e Capitalia, nel Reggiano i dipendenti erano più di mille.
Come condizione base per la trattativa, che prenderà il via venerdì, i sindacati chiedono all’azienda di contemplare un piano di assunzione parallelo agli esuberi, con almeno un’assunzione per ogni due uscite. La sforbiciata investirà anche le filiali, che nel giro di due anni da 73, nella nostra provincia, si sono ridotte a una cinquantina se si conteggiano anche i cosiddetti sportelli leggeri. Ora, altre 8 agenzie sul nostro territorio sono destinate alla chiusura.
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