REGGIO EMILIA – Ricerche per cielo e via terra, di giorno e spesso anche nelle ore notturne grazie all’impiego di radar dotati di particolari sensori. Ma niente. Niente da un mese. Nessun segnale, nessun avvistamento. Niente che abbia fatto propendere per un particolare percorso, per un particolare sentiero.
Era il 28 gennaio, un sabato mattina. Ivano Montanari aveva voglia di scattare qualche foto di quelle spettacolari, quelle che si scattano da migliaia di piedi di altezza. Ha prenotato al Campovolo di Reggio, dove lo conoscevano tutti da 5 anni circa, da quando era diventato pilota, un mezzo della Top Gun. Ha detto che si sarebbe diretto in collina. Erano le 11.22. Cosa sia successo esattamente poco dopo non lo sapremo mai, perché Ivano non potrà raccontarlo. Sappiamo solo che verso le 12 ha avvisato la torre di controllo del Campovolo: “Rientro, c’è brutto tempo”. Poi, più niente. Silenzio da allora.
Un silenzio mantenuto dalla neve caduta copiosa e che è ancora abbondante sull’Appennino modenese, nella zona di Pievepelago e Pian de Lagotti, dove da subito è stato allestito il campo base per le ricerche. L’ultimo segnale arrivava da quella zona. In 12 giorni di ricerca, 400
soccorritori tra Soccorso alpino, vigili del fuoco, polizia e carabinieri hanno ispezionato oltre 450 ettari di territorio impervio e innevato; altri 250 ettari sono stati perlustrati in volo con mezzi dell’Aeronautica militare e della guardia di finanza.
Il 9 febbraio la prefettura di Modena ha decretato il dispositivo “attivo ma rimodulato”: significa che verranno organizzate altre ricerche, ma quando le condizioni meteo lo permetteranno, ovvero quando la neve si scioglierà. Ovviamente, se non arriveranno prima segnalazioni.
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