REGGIO EMILIA – “Questo è uno degli oggetti più significativi del nostro patrimonio, che appartiene a un importante fondo archivistico che è l’archivio antico del Comune di Reggio”. Così Stella Leprai, direttrice dell’Archivio di Stato cittadino.
Il Liber Grossus, trascrizione del 1270 di un precedente volume di 42 anni prima andato perduto, è un pezzo pregiato dell’Archivio di Stato di Reggio. Racconta di trattati, leghe, giuramenti di fedeltà, privilegi concessi, consuetudini sanitarie, atti in materia di acque. Una fonte fondamentale per ricostruire la storia della città.
“E’ un volume pergamenaceo, fatto per dare un senso di solennità e maestosità, custodisce al proprio interno i diritti del Comune di Reggio nel periodo medievale, in particolar modo i diritti sulle acque, che erano fondamentali: l’acqua è vita, l’acqua era vita”.
Il tema dei diritti della comunità reggiana porta a un documento ancor più antico, dell’anno 962, col sigillo in cera dell’imperatore Ottone I. E’ solo dal Trecento che c’è una continuità del fondo archivistico, perché nel corso del 1200 un incendio ha distrutto la documentazione antecedente.
“L’Archivio era un mezzo di attestazione di diritti, ma anche di doveri, oppure conteneva il libro dei banditi, i banditi intesi come nemici politici della città – chiosa Leprai – Quando c’era qualche rivolgimento politico la prima cosa che si faceva era liberarsi della documentazione che attestava il dovere di pagare determinate tasse o la presenza del proprio nominativo tra i cattivi soggetti”. (2/continua)
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