REGGIO EMILIA – La famiglia Marchelli giunse a Reggio da Massa Carrara alla fine Settecento. Domenico Marchelli fu nominato architetto del Comune e in tale veste eseguì numerose opere in città. Deceduto nel 1832, fu sostituito dal figlio Pietro, professore di architettura, membro della commissione comunale dell’Ornato. L’Archivio dello Stato di Reggio custodisce oltre 3.000 disegni di questi due professionisti.
“I Marchelli furono sicuramente gli architetti a cui per eccellenza i reggiani si rivolgevano quando volevano mettere mano alle proprie dimore o anche nel caso delle autorità cittadine quando si trattava di andare a intervenire a riprogettare edifici pubblici molto importanti”, spiega Stella Leprai, direttrice dell’Archivio di Stato di Reggio.
Fu di Domenico la sistemazione dei bellissimi portici della Trinità, demoliti e sostituiti nel secondo dopoguerra dall’isolato San Rocco. Quando fu abbattuta l’antica cittadella, fortezza risalente al Trecento, Domenico Marchelli propose un suo progetto di rifacimento di quegli spazi. “La veduta va letta a partire da questo edificio, assolutamente riconoscibile, che è il teatro Ariosto, fino ad arrivare all’edificio dei Musei. Poi in realtà furono fatte scelte diverse rispetto a quelle che si vedono in questa immagine”.
Toccò al figlio Pietro progettare il foro boario, poi caserma e oggi sede universitaria. Fu opera sua anche il progetto della sinagoga nel ghetto in cui era confinata la comunità ebraica di Reggio.
All’Archivio di Stato sono conservati i disegni di un altro architetto reggiano dell’Ottocento, Carlo Zucchi, divenuto famoso più che in patria in Argentina e Uruguay, dove si era rifugiato dopo la sua partecipazione ai moti antiducali del 1822. E’ sua una maestosa tavola che riproduce il progetto di un monumento a Parigi dedicato a Napoleone Bonaparte. (4/continua)
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