REGGIO EMILIA – E’ giunto a compimento l’iter che dona i beni confiscati alla criminalità organizzata alla comunità per utilizzi sociali.
Il primo atto era stato, lo scorso luglio, l’assegnazione alla Protezione civile di due capannoni a Brescello che rientravano in quel patrimonio da 250 milioni sequestrato alla ‘ndrangheta con l’indagine Aemilia e amministrato dall’avvocato Rosario Di Legami. Adesso, l’utilità sociale dei beni arrivati a confisca definitiva non può non intrecciarsi con le esigenze della lotta alla pandemia.
“Parliamo – ha spiegato il prefetto Iolanda Rolli – di capannoni, magazzini e immobili che potremo destinare anche alla lotta al Covid se ci sarà bisogno di spazi”. Spazi per le vaccinazioni, ad esempio, o per degenze. Intanto, il prefetto Rolli ha anche riattivato il nucleo di supporto all’agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati: è composto da personale di procura, tribunale, forze di polizia e da esperti che adesso valuteranno lo stato di questi beni, spesso oggetto di vandalismi proprio per inibirne il riutilizzo.
Ha anche incontrato i sindaci dei dieci comuni in cui si trovano questi beni – da Reggio Emilia a Brescello, da Castellarano a Reggiolo a Montecchio a Cadelbosco – e attende adesso da loro relazioni con proposte di assegnazione.
Il territorio reggiano è alle soglie della zona rossa, a ore si riunirà il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica per organizzare il capitolo controlli.
“Le forze di polizia ci sono sempre – ha ricordato la Rolli – vedremo se richiedere rinforzi, ma dobbiamo essere noi per primi a tutelarci e a tutelare i nostri affetti. Ho visto città piene nei fine settimana, Reggio Emilia compresa. E’ un atteggiamento superficiale poiché, invece, stiamo ripiombando nell’incubo. Se resistiamo un altro po’, potremo finalmente uscirne”.
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