REGGIO EMILIA – La difesa di Pasquale Brescia, l’avvocato Gregorio Viscomi, sottolinea come la pena sia stata ridotta di tre anni e che per il capo di imputazione dell’intestazione fittizia del ristorante Antichi Sapori di Gaida, considerato dagli inquirenti uno dei ritrovi abituali della consorteria mafiosa, il suo assistito sia stato assolto, così come la moglie.
Di fatto, però, la Corte d’Appello di Bologna ha confermato quello che aveva deciso il tribunale di Reggio per il 53enne imprenditore calabrese attualmente in carcere a Parma: ieri a tarda ora il collegio giudicante ha condannato Brescia, in secondo grado, a 13 anni per associazione mafiosa. In primo grado la condanna era stata appunto di 16 anni.
La sentenza a carico di Brescia è la prima che viene emessa nel secondo grado di Appello del processo contro la ‘ndrangheta Aemilia. E’ stata decisa però da una corte diversa da quella che sta presiedendo il dibattimento del rito ordinario per gli altri 119 ricorrenti nell’aula bunker della Dozza di Bologna. Brescia infatti, tramite il suo legale, il 13 febbraio, alle battute iniziali del processo di secondo grado, aveva presentato istanza di ricusazione per presunta incompatibilità per uno dei due giudici a latere, Giuditta Silvestrini, perché lo aveva già giudicato e condannato, nel 2019, nell’appello del processo per la vicenda della lettera fatta pervenire da Brescia al Resto del Carlino. Il 53enne, dal carcere, aveva scritto quella missiva al sindaco di Reggio Luca Vecchi. Parole che erano state ritenute, in secondo grado, minacce aggravate dal metodo mafioso. L’istanza di ricusazione era stata accolta.
Per decidere se ricorrere o meno in Cassazione, il legale ha detto di voler aspettare di leggere le motivazioni, che arriveranno tra 90 giorni.
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