REGGIO EMILIA – Malgrado la possibilità di stagionare in pianura il parmigiano reggiano prodotto in montagna derivi dal recepimento di una normativa europea, c’è chi nel mondo agricolo non ha gradito che il formaggio possa traslocare fino a 30 km dal luogo di produzione. Secondo altri invece questo provvedimento è stato scritto per tutelare gli allevatori del nostro appennino. Tra questi c’è il presidente del consorzio vacche rosse, Marco Prandi: “La logica è stata quella di aiutare anche i caseifici, perchè non tutti i caseifici hanno il magazzino di stagionatura sul territorio. L’importante è che la produzione avvenga sul territorio con il prodotto fatto in montagna, alimentato con le bovine in montagna. Il fatto dei 30 km comunque garantisce la qualità del prodotto”.
Senza la normativa che permette di stagionare in pianura, secondo Prandi, alcuni caseifici dell’appennino sarebbero stati a rischio chiusura mentre questo provvedimento “consente anche a tanti caseifici di montagna che avevano il prodotto ma che avevano la capacità di stagionare di poter fare un prodotto di montagna”. Dato che produrre in montagna significa affrontare costi maggiori per gli allevatori, ora sarà necessario immaginare strategie per vendere il formaggio dell’appennino a prezzi più cari. “Il vero tema è quello di riuscire a dare valore aggiunto, cioè di costruire una differenza di prezzo positiva favorevole al parmigiano reggiano prodotto dai caseifici di montagna – conclude Prandi -, perchè oggi la differenza di prezzo è effettivamente piccola”.
Nuove prospettive per il Parmigiano Reggiano di montagna. VIDEO
2 agosto 2022Il presidente del consorzio Vacche Rosse Marco Prandi: “Il provvedimento che permette la stagionatura in pianura tutela i caseifici che non hanno il magazzino. Il tema vero è riuscire a vendere il formaggio a prezzi più alti”