REGGIO EMILIA – “Volevo essere un duro”, ha cantato Lucio Corsi a Sanremo. La chitarra che ha imbracciato in finale non è passata inosservata. Si tratta di una delle creazioni di Wandrè, nome d’arte di Antonio Pioli, geniale liutaio reggiano divenuto leggendario. Tale da essere entrato nelle corde dell’artista, grande appassionato di storie che sanno di fiabesco. Si chiama Rock Oval il modello della chitarra che ha fatto bella mostra di sé. All’inizio dell’esibizione spunta appoggiata sul pianoforte. “Se fai l’errore di prenderne una in mano rischi di perderti e non ritrovarti mai più”, diceva Francesco Guccini. Una citazione che Corsi ha ricordato sul proprio profilo Instagram annunciando l’intenzione di servirsi di una sorta di “Excalibur” per l’ultima notte all’Ariston.

La foto postata su Instagram
A Sanremo questa psichedelica sei corde è arrivata da Cavriago, ovvero dal paese in cui nel 1958 uscì dalla fabbrica del visionario artigiano, scomparso vent’anni fa. Il fatto che il cantautore maremmano si sia innamorato di lui si deve al collettivo “Partigiani di Wandrè”, nato per far conoscere un personaggio oggi famoso forse più all’estero che in Italia. Sono stati alcuni suoi componenti ad occuparsi della messa a punto dello strumento dietro le quinte del Festival.
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