REGGIO EMILIA – Quella dell’architetto Giuseppe Todaro e del padre Raffaele, arrestati per aver lucrato sulla ricostruzione post terremoto nei comuni del Mantovano, è una lunga storia di contenziosi coi prefetti della provincia di Reggio Emilia e di ricorsi contro le interdittive antimafia, tutti bocciati dal Tar.
Giuseppe Todaro era dipendente nel 2013 della Giada Srl e del consorzio Primavera, gestiti dal padre Raffele e dallo zio Francesco, società colpite da interdittive dell’allora prefetto Antonella De Miro ed escluse dalla white list, la lista delle imprese autorizzate a lavorare per la ricostruzione post terremoto. L’architetto Giuseppe era socio dell’immobiliare Raffaella della sorella Maria Teresa e amministratore unico dell’immobiliare Gmc di Reggiolo, tutte società – hanno ricordato gli inquirenti – destinatarie di provvedimenti prefettizi per le parentele compromettenti con esponenti del clan Dragone di Cutro.

La Gmc fu raggiunta da un’interdittiva del prefetto Raffaele Ruberto. E proprio tramite l’Immobiliare Raffaella, nel 2019 la famiglia Todaro aveva tentato un’operazione che si potrebbe definire di esibizione di benemerenze pubbliche. Giuseppe e la sorella avevano realizzato, non senza grossi ritardi, un piccolo parco (nella foto) su un’area ceduta al Comune di Fabbrico fin dal 2003 per obbligo di normativa urbanistica, a seguito di un intervento edilizio. Giunti al traguardo dell’inaugurazione, avevano cercato e ottenuto il patrocinio dell’amministrazione comunale. Patrocinio poi ritirato dal neo-eletto sindaco Roberto Ferrari quando erano emerse, nel dibattito pubblico, le parentele pericolose dei due soci dell’Immobiliare.
Queste parentele vanno dall’essere nipoti di Antonio Dragone, classe 1943, capoclan della ‘ndrangheta a Cutro ucciso in un agguato nel 2004, a quelle con Giuseppe e Antonio Ciampà, e con Antonio Dragone, classe 1986, condannati per associazione per delinquere di tipo mafioso e omicidio.
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