REGGIO EMILIA – E’ del tutto comprensibile che una donna desideri capire se ci siano persone che abbiano indotto la propria sorella a suicidarsi. E’ del tutto legittimo che Procura e Questura, lavorino nel silenzio mal sopportando i microfoni, per arrivare a chiarire ogni dubbio. A Reggio Khadiija aveva presentato secondo il suo avvocato una denuncia. A Reggio Khadiija ha vissuto una buona parte della sua vita prima di salire in Friuli e sperare di vivere felicemente come sposa e come mamma. Il suo ritorno nella nostra città ha coinciso con un buio talmente profondo da togliere ogni speranza di luce. La sorella di Khadija, Kauta, non può darsi pace. Tanti “perchè” albergano in lei e negli altri membri della famiglia. Chiede come sia stato possibile lasciare sola una donna, che a suo dire chiesto aiuto e ascolto. Essere comunità significa anche questo: dare peso alle domande di giustizia di una famiglia e nel contempo ricercare la verità con rigore vagliando ogni particolare senza rendere colpevole nessuno fino ad ultimo grado di un eventuale processo. C’è sempre al di là di tutto una riflessione alla quale siamo chiamati: ogni gesto estremo ci tocca nel profondo fino a chiederci se potevamo fare o essere qualcosa in più. Si chiama senso di responsabilità e sarebbe pericolosissimo perderlo dietro alla facile tendina del “ciascuno pensi per sé”.
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