REGGIO EMILIA – Dividendi, interessi su obbligazioni, proventi derivanti dalla cessione di pacchetti azionari e dalla vendita di diritti di opzione: dal 2000 a oggi la partecipazione in Bipop prima, in Capitalia poi e infine in Unicredit ha portato nelle casse della Manodori 228 milioni di euro. Ma essere azionisti di queste banche ha avuto per la fondazione reggiana anche un costo, che si è manifestato in modalità diverse.
La prima, quella più ovvia, è stata la partecipazione agli aumenti di capitale. In tre occasioni alla Manodori è stato chiesto di mettere mano al portafoglio per contribuire a irrobustire la banca sul piano patrimoniale. La Fondazione ha partecipato agli aumenti di capitale di Unicredit del 2010, del 2012 e del 2017, sborsando complessivamente 54,5 milioni di euro. Nel febbraio del 2009 l’ente di via Carducci investì inoltre 10 milioni di euro per acquistare obbligazioni Unicredit convertibili in azioni.
Bisogna tornare ancora più indietro nel tempo, invece, per trovare una delle operazioni più onerose condotte dalla Manodori. Erano gli anni in cui la Banca d’Italia aveva stabilito che Bipop-Carire, squassata dalla crisi, fosse inglobata dal gruppo Capitalia e dalla Banca di Roma. Tra l’ottobre 2006 e il dicembre 2007 la fondazione acquistò per 64,3 milioni di euro azioni Capitalia che oggi, diventate azioni Unicredit, valgono pochi spiccioli.
A conti fatti, dunque, fare l’azionista di banca è costato alla Manodori poco meno di 129 milioni di euro in 20 anni.
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