REGGIO EMILIA – Si svolgerà a Islamabad il 12 giugno l’udienza sull’estradizione di Nazia Shaheen, la madre di Saman Abbas, arrestata nelle scorse ore in Pakistan. In Italia è difesa dall’avvocato Simone Servillo. “E’ un percorso che hanno già dovuto seguire, è probabile che tutto si risolva in maniera più rapida rispetto a quanto accaduto per il padre della ragazza”, le sue parole.
Il rientro in Italia della donna potrebbe quindi avvenire in modo più rapido rispetto a quanto avvenuto per il marito. Ci vollero infatti quasi 10 mesi per l’estradizione di Shabbar Abbas, concessa dal Pakistan dopo un lungo tira e molla dovuto tra le altre cose alla mancanza di accordi bilaterali tra l’Italia e il Paese asiatico. La condanna della donna in primo grado potrebbe accelerare l’iter. Lo stesso di cui si occuperà, nuovamente, l’avvocato Servillo: “Mi sto attivando per mettermi in contatto col legale pakistano, esattamente come avevo fatto con il collega che assisteva in Pakistan Shabbar Abbas”.
La sentenza di primo grado non esclude che Nazia abbia contribuito materialmente all’omicidio della figlia, ma secondo l’avvocato di fiducia dell’ormai ex latitante si tratta esclusivamente di considerazioni teoriche, difficili da dimostrare. “La mamma avrebbe potuto strangolare la figlia in 58 secondi. C’è questa possibilità teorica. Sostenerlo è una fantascienza di pessima qualità”. Il lasso di tempo di 58 secondi durante i quali Nazia potrebbe essersi trovata sulla scena del delitto è calcolato attraverso quanto registrato dalla videosorveglianza nell’ultima notte vissuta da Saman.
Con la sua morte i genitori non c’entrano, afferma il loro avvocato che si batterà in appello per chiederne l’assoluzione: “Sono venuti a conoscenza dell’omicidio della figlia solo due giorni dopo essere arrivati in Pakistan. In questo siamo confortati anche da alcune intercettazioni telefoniche. Siamo convinti della loro innocenza”.
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