BAGNOLO IN PIANO (Reggio Emilia) – “Ho fatto nove Giri d’Italia”, raccontava. L’orgoglio del gregario. Quello pronto a passare la borraccia. Quello il cui nome non finiva spesso sui giornali. Quello che faceva vincere il suo capitano. Il decano dei gregari reggiani era Danilo Barozzi. Avrebbe compiuto 93 anni il prossimo agosto. Da giorni era ricoverato al Santa Maria Nuova: sono in corso accertamenti per capire se, come sembra, sia stato il Coronavirus a portarselo via. Un’istituzione per Reggio e per Bagnolo in particolare, il suo paese. L’attuale sindaco Gian Luca Paoli gli dedicò una sceneggiatura, nel 2016, che venne rappresentata: “Un bagnolese al tour”. C’è una targa sulla casa di famiglia di via Guido da Bagnolo: c’è scritto “costruita coi proventi del ciclismo”, e con quel denaro comprò anche un negozio di ferramenta. Era di famiglia poverissima: a 4 anni rimase orfano di padre, dovette faticare per convincere la madre che il ciclismo poteva essere un mestiere, ma ebbe ragione.
Ne fece tante, di corse, Danilo, professionista dal ’49 al ’58; sfiorò la partecipazione alle Olimpiadi di Londra. Erano gli anni del dopoguerra, dell’emergenza, della ricostruzione, un po’ come questo 2020. Si correva nella polvere per mettere insieme un po’ di soldi, ma i ciclisti erano anche uno dei simboli dell’Italia che si rimetteva in marcia: “Era dura all’epoca correre in bici, con quelle strade e quelle buche”, diceva.
Danilo Barozzi lascia il figlio Corrado, che ha ereditato il negozio di ferramenta, e la sorella gemella Dimma. E lascia tanti ricordi. Alcuni li ha ripercorsi lui stesso nella Clessidra, era il maggio 2017, e nell’ultima uscita pubblica: lo scorso gennaio, quando al Credem in centro a Reggio inaugurava la mostra dedicata all’amico Giannetto Cimurri così tanto voluta dal figlio Giorgio. Il racconto del cuore di Danilo era l’impresa del ’53 al Gran Premio di San Marino, quando l’organizzazione gli chiese di far vincere Fausto Coppi e lui non ne volle sapere: “Mi dicevano lascialo passare, lascialo passare…ma io niente. Poi alla fine Coppi venne e mi disse: bravo Danilo, sei stato bravo”.
Il messaggio di cordoglio del sindaco di Bagnolo Gian Luca Paoli
“Per quelli della mia generazione, il nome di Danilo Barozzi rischia di non ricordare molto, se non un negozio di ferramenta sulla strada che va al Soave, gestito dal figlio Corrado. Ma per tanti bagnolesi dell’età dei nostri padri o, ancor più, dei nostri nonni, Danilo ha rappresentato per anni l’orgoglio dello sport bagnolese. Una volta lasciate le corse, Danilo ha sempre rappresentato un esempio di umiltà, di rettitudine, di schietta simpatia verso chiunque, sempre disponibile a scambiare due parole, con il sorriso è la disponibilità che lo contraddistingueva.
Bagnolo perde oggi un pilastro della sua comunità, ben voluto da tutti e ammirato da chiunque ne abbia conosciuto le imprese. Come scrissi per “Un bagnolese al Tour de France”, lo spettacolo che scrissi al termine di una estate passata ad ascoltarne le avventure, “dividendo fatica e sacrifici con i grandi del suo tempo, Danilo Barozzi ha regalato sogni e motivi di orgoglio a tutti i bagnolesi, contribuendo nell’immediato dopoguerra, a ridare fiducia e speranza nel futuro al suo paese natale, quel piccolo pezzo di mondo che si chiama Bagnolo in Piano. Addio, Danilo”.
La carriera (da Wikipedia)
Corridore molto forte ma non vincente, dal 1949 al 1957 fu costantemente piazzato sul podio o, almeno, nei primi dieci classificati degli ordini di arrivo di tutte le più importanti classiche del panorama ciclisto italiano, corse come Coppa Bernocchi, Coppa Placci, Giro di Toscana, Giro del Veneto, Giro di Romagna, Giro della Provincia di Reggio Calabria, Giro dell’Emilia, Trofeo Matteotti, Giro dell’Appennino, Giro del Lazio lo videro spesso protagonista di ottime prove; seppe ben destregiarsi pure nelle Classiche monumento italiane e ai Campionati nazionali dove fu ottavo nel 1951 e quarto l’anno successivo.
Anche nelle brevi corse a tappe si distinse, corse la Volta Ciclista a Catalunya 1950 vincendo una tappa e arrivando sesto nella classifica generale e per tre volte il Tour de Suisse ottenendo anche qui risultati eccellenti: quinto nel 1949, dodicesimo nel 1950 e soprattutto terzo nel 1953 dietro Hugo Koblet e Fritz Schär.
Prese parte nove volte al Giro d’Italia, senza però riuscire a vincere tappe sfiorando solamente il successo con i secondi posti nella quindicesima e diciassettesima tappa dell’edizione del 1953 e nella quarta e decima tappa dell’edizione successiva; nel 1955 venne selezionato anche per partecipare al suo primo ed unico Tour de France che concluse.
Leggi il Palmares (da Wikipedia)
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