REGGIO EMILIA – E’ un generale di origini reggiane, oggi in congedo, uno dei massimi conoscitori del contesto afghano. Lo è per esperienza diretta. Si chiama Marco Bertolini, classe 1953, in pensione dal 2016.
E’ stato al vertice del comando operativo interforze e della brigata Folgore. E’ stato a capo del contingente italiano in Afghanistan tra il 2003 e il 2009, prima ancora ha guidato missioni molto delicate in Libano, Somalia, Bosnia, Kosovo. Bertolini è nato a Parma, ma è cresciuto nel Reggiano tra Quattro Castella, paese del padre, e Rubiera, dove la famiglia si era poi trasferita.
La conseguenza più grave della crisi afghana attuale è la perdita di credibilità dell’Occidente e degli Stati Uniti in particolare, dice contattato da Tg Reggio. Secondo alcuni analisti internazionali, la presa di potere dei Talebani potrebbe portare a una ripresa del fondamentalismo islamico alimentando cellule terroristiche all’estero. Bertolini, tuttavia, spiega che “i Talebani, a differenza dell’Isis, sono un fenomeno locale. Non credo che a noi, qui, a 5mila chilometri di distanza, creeranno problemi”.
Ma ecco, secondo Bertolini, l’errore più grave commesso in Afghanistan: “Il pensare che in quel Paese si potesse consolidare un sistema sullo stile delle democrazie occidentali. Non è così: lì la società non si divide in base a convinzioni ideologiche, ma in base ad appartenenze etniche. Occorreva lavorare maggiormente con le comunità e le milizie locali”.
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