REGGIO EMILIA – Vi proponiamo un’appendice alla nostra ricerca sull’odonomastica cittadina per parlare di strade e piazze fantasma. Luoghi della città che sono scomparsi assieme alla loro denominazione.
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Sul muro esterno dell’ex ospedale psichiatrico giudiziario, in viale Timavo, una targa marmorea un po’ sbiadita indica ancora viale Monte Sabotino. Il Sabotino è un rilievo montuoso a nord di Gorizia, che fu teatro delle sanguinose battaglie dell’Isonzo durante la prima guerra mondiale. Ma quel viale, così battezzato, non c’è più, è un viale fantasma. Era parallelo a viale Timavo fra via del Portone e via Guasco. E’ stato occupato dalle pertinenze cortilive degli edifici costruiti nel dopoguerra. Le trasformazioni urbanistiche della città hanno cancellato luoghi un tempo caratteristici. Del quartiere borgo Emilio, con le sue vie Francotetto e Cento Usci, si è già detto in precedenti servizi. Gli edifici fatiscenti sono stati abbattuti e sostituiti da complessi scolastici. E’ sparita, solo quanto al nome, l’antica via dell’Ospedale, diventata nel 1968 via Dante Alighieri. Qui fin dal 1.300 ha avuto sede un’istituzione sanitaria fondata da Pinotto Pinotti, consigliere dei Visconti, intitolata a Santa Maria Nuova, che nel secondo dopoguerra è stata trasferita nella sede attuale. Al posto del vecchio ospedale demolito c’è oggi un parco. Alle spalle della Prefettura, un tempo palazzo ducale, esisteva un isolato composto da 14 casette che la famiglia nobiliare dei Calcagni nel Seicento aveva destinato ad altrettante famiglie povere di Reggio. L’isolato fu abbattuto negli anni Venti del secolo scorso, al suo posto fu realizzata piazza Calcagni, che nel 1945 è stata ribattezzata piazza Andrea Costa. Alla scomparsa di via Cavagni, emblema di degrado per la presenza delle ex case di tolleranza, diventata la moderna via Giorgione, è legata la sparizione del vicolo Crevezzerie, che collegava via Giorgione alla parallela via S. Girolamo. Tutto il complesso di vecchi immobili è stato abbattuto e ricostruito alla fine degli anni Sessanta.
Gian Piero Del Monte
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