REGGIO EMILIA – Non sono stati ancora ascoltati dagli inquirenti e al momento non è stato messo in calendario un loro interrogatorio. Si sono visti notificare l’avviso di garanzia e sequestrare telefonini e computer. Stiamo parlando delle tre persone residenti a Reggio indagate nell’ambito della clamorosa inchiesta sull’organizzazione accusata di avere spiato illecitamente migliaia di italiani, tra politici, manager, imprenditori, ma anche tanta gente comune. Una inchiesta condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano e nella quale é stato arrestato il 38enne informatico reggiano Giulio Cornelli, ora ai domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico.
Il lavoro dei magistrati ha portato anche al coinvolgimento di un 45enne, di una 51enne e di una 29enne che vivono nella nostra città: non risultano destinatari di alcuna misura cautelare e a quanto filtra le loro posizioni sarebbero marginali. Avrebbero avuto rapporti, tutti da chiarire, con Giulio Cornelli, accusato, invece, di essere una delle figure di rilievo nel sistema di acquisizione fraudolenta di dati riservati smascherato dalla Procura antimafia del capoluogo lombardo.
Gli indagati non sarebbero, tuttavia, soci o collaboratori delle società reggiane finite sotto la lente degli inquirenti, ossia la “Develope and Go” e la “Safe Harbour”, entrambe con sede legale in via Gandhi, quartiere Canalina. Secondo le accuse la “Safe Harbour”, letteralmente dall’inglese “Porto Sicuro”, era una società schermo, nata per “ragioni di sicurezza” nel caso di accertamenti e indagini. Capitale sociale modesto: 500 Euro.
Leggi anche
Reggio Emilia dossier illegali dossier illeciti inchiesta spioniL’inchiesta sui dati rubati: la carriera del reggiano Giulio Cornelli. VIDEO