REGGIO EMILIA – Recentemente Tg Reggio ha sollevato il tema del numero di arrivi di egiziani sul territorio: un flusso inedito per il nostro territorio. Minori non accompagnati o adulti attirati dalle possibilità di lavoro. Abbiamo raccolto la preoccupazione di uno dei referenti dell’associazione egiziani di Reggio.
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“Se succede qualcosa, sono guai per tutti”. Quando Gaber El Shafey dice “se succede qualcosa”, si riferisce ai rischi sul lavoro e a possibili tragedie già accadute in queste settimane in altre città. Said Salah Ibrahim Abdelaziz e Samir Mohamed Said sono morti in un cantiere in provincia di Como, soffocati dal monossido di carbonio nel container in cui dormivano. Mostafa Abdelaziz Abouelela invece è deceduto per il freddo: era a Bolzano, anche lui per lavoro.
Il “fenomeno egiziano” sta prendendo piede anche a Reggio: il Comune ha registrato un gran numero di arrivi di minori non accompagnati dal Paese nordafricano, la Caritas osserva la presenza di diverse persone che si presentano in mensa in abiti da cantiere. E Gaber, arrivato qui nel ’68 e tra i fondatori, nel ’79, dell’Associazione per il mutuo soccorso tra egiziani a Reggio Emilia, vede la stessa cosa. Tanti volti nuovi. Uomini anche giovanissimi che lasciano un Paese in cui le condizioni non sono buone, attirati in Italia anche dal fiorire di cantieri.
“Economicamente non stanno bene e vedono che chi è qui sta meglio, gli imprenditori cercano manodopera, per loro è un momento d’oro: appena arrivano vanno in cantiere”.
L’immigrazione egiziana, iniziata negli anni ’70, è andata poi esaurendosi nel corso del tempo. Attualmente gli egiziani in provincia di Reggio sono 1.800. L’occupazione in edilizia non è storica, per questo il flusso degli ultimi mesi balza all’occhio. “Stanno a casa di parenti e amici finché non trovano lavoro – chiosa El Shafey – Io glielo dico, così non hai diritti nè pensione, sprechi la vita, loro mi dicono che stanno un po’ e poi se ne vanno”.
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