CORREGGIO (Reggio Emilia) – Peter Pancaldi avrebbe detto ai carabinieri di aver soffocato Daniela Coman, ma in che modo? La donna è stata trovata senza vita mercoledì sera, ma a quando risale la morte? A quasi 24 ore prima, come sostengono gli inquirenti? Quali chiamate e messaggi, e quando, sono partiti dal cellulare di Pancaldi, accusato di aver attirato in casa Daniela con l’inganno? Quello che diranno l’autopsia e gli accertamenti che verranno eseguiti sarà fondamentale per dare o togliere corpo all’aggravante della premeditazione, una delle due contestate al 45enne modenese. La difesa – l’ha fatto capire il legale Annalisa Miglioli – si concentrerà proprio sulle aggravanti. Se dovessero cadere, sarebbe ad esempio possibile chiedere il rito abbreviato. “Già adesso sarebbe possibile formulare alcune considerazioni sulle aggravanti, ma essendo in una fase preliminare preferisco aspettare il prosieguo della vicenda”, ha detto al nostro microfono.
Intanto, davanti al gip Matteo Gambarati, Pancaldi si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del sostituto procuratore Valentina Salvi. All’udienza erano presenti anche i legali Lorenza Cavazzuti ed Helmut Bartolini per il figlio 11enne di Daniela e per la sorella della vittima, che mercoledì, assieme all’ex compagno, non sentendola al telefono aveva dato l’allarme. Purtroppo per la 47enne era già troppo tardi. Chiediamo all’avvocato Miglioli se il suo assistito abbia pronunciato parole di consapevolezza o pentimento, ma ci dice che preferisce non rispondere. “Allo stato Pancaldi non dispone di un alloggio alternativo e questo mi impedisce di chiedere una sostituzione della misura. Ha già iniziato un percorso con il Sert in carcere”.
Aggiornamento ore 15 – Il giudice ha convalidato il fermo e ha confermato la custodia cautelare in carcere, ma non ha ritenuto sussistenti i gravi indizi per le aggravanti della premeditazione e per l’aver commesso delitto su vittima di atti persecutori.
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