REGGIO EMILIA – “Sicuramente un grande dolore e in questo caso grandi interrogativi. Questa persona all’interno del carcere faceva il cuoco, non lasciava mai perdere una occasione di incontro e di formazione”. Così la garante dei detenuti di Reggio Emilia Francesca Bertolini.
Un fulmine a ciel sereno, un dolore forte che investe una comunità, quella carceraria, che ora si interroga: sul perché di un gesto e su come evitarli in futuro. I reclusi a Reggio variano tra 280 e 290, un numero in linea con gli spazi disponibili e non mancano le attività formative per i detenuti. Non mancano i problemi strutturali, il caldo e l’umidità rendono pesante anche l’umore, ma è in corso la ristrutturazione di due sezioni. “Riempire la giornata però per i detenuti non è mai facile – sottolinea la garante – e spesso preoccupa il futuro fuori dal carcere”. “Non è un luogo trascurato. Ce ne sono altri messi in modo peggiore. Reggio ha le sue problematiche sul post carcere, pensiamo ad esempio al problema della casa”.
Tra le risposte possibili da mettere in campo per evitare il ripetersi di episodi così drammatici, oltre agli interventi strutturali, c’è la volontà di investire sulla formazione professionale, lavoro da imparare in carcere e fare fuori una volta terminato di scontare la pena. “Dove c’è una opportunità interna di lavoro molto significativa, impari un mestiere, dai ritmo alla tua giornata, c’è anche una preoccupazione legata al futuro”.
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