REGGIO EMILIA – L’ondata di Coronavirus, o lo tsunami come è stato anche definito, ha aggredito l’intera provincia reggiana, dal crinale al Po. Il numero dei contagi ha superato quota 1700, corrispondente allo 0,3%.
In Emilia Romagna, soltanto Piacenza è in una situazione più grave, con 2.200 positivi pari a quasi lo 0,8% della popolazione. Ma ci sono da considerare gli ampi margini di incertezza di tale rilevazione, basata su quanto emerge dai tamponi eseguiti. Il sommerso che sfugge ai dati ufficiali, ma comunque costituito da ammalati di Coronavirus o da uomini e donne che hanno lievi oppure trascurabili sintomi, può rappresentare fino a quattro volte tanto il dato degli infetti “certificati”. Così è la stima degli esperti.
Di certo, aderente alla realtà è la cruda fotografia che emerge dai decessi, che si avvicinano a quota 150 nel Reggiano. Per un quinto si tratta di persone che risiedevano nel comune capoluogo di provincia, seguono Sant’Ilario e Montecchio entrambi con 9 vittime. Complessivamente, il territorio della Val d’Enza registra 26 decessi, lo stesso quantitativo di Reggio Emilia, la cui popolazione però è quasi tre volte tanto.
Altre aree che pagano il prezzo più alto in termini di morti sono la pianura e la Bassa: Correggio, San Martino in Rio e Rio Saliceto, insieme, arrivano a contare 16 decessi. Tra i comuni rivieraschi a piangere più morti è Guastalla, con 7 persone, mentre 2 sono le vittime di Brescello. A quota 13, nell’insieme, giungono i pazienti che vivevano a Rubiera, Scandiano e Casalgrande.
Flagellata è anche la montagna. I residenti di Castelnovo Monti deceduti sono in tutto 8, altri quattro tra Casina e Vezzano ai quali vanno aggiunti i sette riconducibili ai comuni di Villa Minozzo, Toano e Ventasso.
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