REGGIO EMILIA – Nella storia è rimasto il termine di ‘autunno caldo’, quello simboleggiato dalle lotte sindacali del 1969. In provincia di Reggio, anno 2025, si può invece parlare di ‘primavera calda’ anzi rovente. Sono diversi infatti i casi di conflitti tra lavoratori e aziende. Alcuni sembrano proiettarci in un futuro carico di incognite, altri hanno un sapore antico. Vediamo.
Il 3 giugno i dipendenti della Interpuls di Albinea, realtà del reparto metalmeccanico di proprietà dal 2015 di un gruppo inglese, danno vita a uno sciopero con presidio all’esterno dello stabilimento: il motivo é il licenziamento in tronco di due giovani impiegate le cui mansioni verrebbero sostituite da un nuovo sistema informatico. Del caso si interessano subito il sindaco di Albinea Roberta Ibattici, oltre che consiglieri regionali e parlamentari.
Qualche giorno prima, uno sciopero aveva riguardato in città la Manifattura San Maurizio, azienda del gruppo Max Mara: condizioni di lavoro esasperanti, lamenta la Filctem-Cgil, che parla di ‘rigidità organizzativa, usura fisica, pressioni individuali, mancato riconoscimento economico e dei passaggi di livello, nessuna disponibilità al confronto con le rappresentanze sindacali’. Da molti anni non si registravano scioperi nel gruppo Max Mara. Interviene il patron Luigi Maramotti in persona. Il caso finisce sulla stampa nazionale e approda in Parlamento con interrogazioni al Governo firmate Avs e M5S. Verdi-Sinistra in particolare invocano una ispezione nello stabilimento.
Altra vicenda che sta facendo discutere è quella della Profiltubi di Reggiolo: la scorsa settimana l’azienda – come denunciato dalla Fiom – ha inviato una lettera ad alcuni dipendenti contestando loro l’adesione ad uno sciopero. Una misura che ha provocato una dura reazione da parte del sindacato che parla di clima da ‘anni 50’. Insomma un livello dello scontro che si sta innalzando e che é tutto da interpretare.
Reggio Emilia Albinea Reggiolo Max Mara vertenze sindacali Interpuls Profiltubi