NOVELLARA (Reggio Emilia) – Il 30 aprile. E’ stato l’ultimo giorno di vita di Saman Abbas, secondo gli inquirenti. Due mesi fa.
Quella sera la 18enne apre, per l’ennesima volta negli ultimi mesi, la porta della casa di via Colombo per scappare. I genitori la seguono poi il padre si ferma, col cellulare in mano. La madre, invece, prosegue; la prende, la accompagna lungo il sentiero davanti alla casa dove Saman non tornerà più.
Si vedrebbe questo in un video in mano alla procura, uno degli elementi che “ci sono”. A 60 giorni di distanza, infatti, e con le informazioni a disposizione, si può dire quello “che c’è” e quello “che manca” in questa indagine oggettivamente complicata. Ci sono, appunto, le immagini della videosorveglianza della via, le ultime di Saman e quelle del giorno prima che immortalano lo zio e i due cugini della ragazza addentrarsi verso le serre con pale e piedi di porco in mano. Ci sono gli eventi delle settimane precedenti, risalendo fino allo scorso autunno; eventi che per la procura sono il movente del delitto: la denuncia pubblica fatta dalla ragazza ai servizi sociali e ai carabinieri del matrimonio cui i genitori volevano costringerla; il disonore provocato alla sua famiglia qui e ai parenti in Pakistan.
Soprattutto, ci sono le dichiarazioni di un ragazzo e di un giovane uomo, ovvero il fratello 16enne di Saman, teste chiave visto che ha raccontato di essere stato depositario della confessione dello zio subito dopo l’omicidio, e del fidanzato 24enne di Saman, un pakistano che vive nel Frusinate che ha parlato di minacce ricevute dai parenti della ragazza. E’ a lui che lei scrive l’ultimo messaggio quella sera, dicendo di avere paura.
I legali degli indagati hanno sollevato qualche dubbio sul fatto che il 16enne possa essere in contatto con i genitori, e il fidanzato non aveva mai parlato di queste minacce prima che iniziasse l’indagine. Cosa manca? La presenza degli indagati; o meglio, di quattro su cinque, tutti ancora latitanti tra Europa e Pakistan. E poi manca lei, Saman, manca il suo corpo. Per la procura, l’unica ipotesi investigativa rimane quella delle serre come luogo di occultamento del cadavere.
I carabinieri stanno progressivamente allargando il cerchio e controllando casolari e porcilaie abbandonate. Difficile pensare che i resti della ragazza possano trovarsi nelle porcilaie in funzione, che sono periodicamente controllate da veterinari e tecnici Ausl.
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