REGGIO EMILIA – Il comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità si è recentemente espresso contro l’Italia sul tema dei caregiver: nel nostro Paese, le persone che si prendono cura dei loro familiari disabili o non autosufficienti non sono abbastanza tutelati. Tg Reggio ha raccolto la testimonianza di Luigi Luppi, papà di Elena, una ragazza disabile.
Conosciuto anche come “Gianni”, si prende cura della figlia ogni giorno, specialmente da quando, 15 anni fa, è rimasto vedovo. La famiglia Luppi vive a Campagnola. Prima della pensione, Luigi lavorava come operaio a Correggio: “Avevo la fortuna di avere un lavoro che potevo interrompere quando volevo. Se lei aveva bisogno, mi chiamava e io andavo a casa. Non succedeva tante volte, ma poteva succedere all’università e mi diceva che aveva finito la lezione. Allora io venivo a Reggio, la portavo a casa e tornavo al lavoro”.
Elena ha 38 anni. La sua disabilità non le ha impedito di laurearsi in economia e sistemi complessi. “E’ autosufficiente per tante cose e dal punto di vista intellettivo è presente – ha spiegato Luigi – E’ laureata, però ci sono famiglie che hanno difficoltà molto maggiori e hanno bisogno di assistenza 24 ore su 24. C’è gente che deve non solo essere presente sempre, ma anche visivamente. Si deve controllare il paziente, perché ci sono ragazzi che hanno attacchi epilettici. In quei casi si fa fatica ad andare fuori ad appoggiare la spazzatura”.
Come vicepresidente dell’Anffas di Correggio, associazione che riunisce le famiglie di persone con disabilità, Luigi conosce bene le difficoltà dei caregiver, dalla gestione della quotidianità al pensiero di non potersi permettere una malattia. “Questo è un problema – le sue parole – A chi chiedo, se non ho dei parenti dove posso appoggiarmi anche dal punto di vista del sollievo? Non solo, se io mi ammalo ma c’è gente che è sempre sotto pressione e ha bisogno di qualche ora di svago, c’è qualcuno che può tenere mio figlio per qualche ora, che magari posso anche andare al bar a fare due chiacchiere con i miei amici. Avere una vita sociale nel limite del possibile”.
E poi quella domanda angosciante: e dopo? “Non solo invecchiando nasce questo ragionamento. Nasce subito, ci si preoccupa già di pensare che fine farà mio figlio quando io non ci sarò più. Chi se ne prenderà cura?. Per noi caregiver servono maggiori riconoscimenti dal punto di vista economico e pensionistico. Dal punto di vista economico, che sia sopportabile: oltre ad avere la difficoltà nel seguire il proprio figlio, il caregiver deve essere tutelato almeno per poter vivere; poi aver un supporto, qualcuno che ti dica cosa puoi fare in certi casi, come un tutor familiare a cui mi posso rivolgere se sono in difficoltà”.
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