ALBINEA (Reggio Emilia) – Si intitola “La fine dell’Inghilterra. Un paese smarrito, un trono vacillante”, il nuovo libro di Antonio Caprarica che l’autore presenterà venerdì 18 aprile, alle ore 18.30, nella biblioteca di Albinea. L’iniziativa rientra nella rassegna “Guarda un po’ chi c’è! Grandi autori in Biblioteca” e delle attività di Albinea Città che legge. Caprarica, narratore e testimone privilegiato che da anni racconta la società britannica agli italiani, aiuterà il pubblico a entrare nelle ultime vicende della monarchia e nella più stretta attualità compreso il declino e le prospettive di una nazione verso cui, nonostante appaia sempre più distante, l’Italia continua a guardare con affetto.
Il libro – Sembrano ormai lontani i tempi della Cool Britannia, quegli anni «ruggenti» a cavallo tra il XX e il XXI secolo in cui la stella di Londra brillava più che mai, rappresentando nell’immaginario collettivo un faro a cui guardare per capire dove stesse andando il mondo. Dalla musica delle Spice Girls all’arte di Damien Hirst, dal fenomeno David Beckham alla moda di Alexander McQueen e Vivienne Westwood fino al cinema di Danny Boyle, c’è stata un’epoca in cui la Gran Bretagna era il centro nevralgico di tendenze e rivoluzioni, all’avanguardia in tutti i campi, anche in quello politico, con l’elezione del suo nuovo, giovane primo ministro, Tony Blair.
Oggi, quasi trent’anni dopo, cos’è rimasto di quel Paese delle meraviglie? Tra la Brexit e la clamorosa uscita dall’Unione europea, la crisi economica, la morte di Elisabetta, lo sfaldamento della famiglia reale e le gravi malattie che hanno colpito il nuovo re e la futura regina, un premier da dimenticare a cui sono seguiti altri dei quali a malapena si ricorda il nome, è indubbio che la luce del Regno Unito sembri farsi sempre più fioca. Antonio Caprarica, con lo stile pungente che lo contraddistingue, fa chiarezza una volta per tutte sulle tappe che hanno segnato il tramonto di un impero.
L’autore – Antonio Caprarica è stato per quasi quindici anni popolarissimo corrispondente della Rai da Londra. La sua profonda conoscenza della società britannica arricchisce la vasta esperienza internazionale accumulata in molti anni di reportage televisivi dall’estero: per la Rai è stato prima inviato di guerra in Afghanistan e Iraq, poi corrispondente da Gerusalemme, Il Cairo, Mosca, Parigi. Ha lavorato nella carta stampata, come commentatore politico dell’Unità e di Epoca e poi condirettore di Paese Sera, e in radio, come direttore dei Giornali Radio Rai e Radio 1. Per la sua attività ha ricevuto i più prestigiosi premi di giornalismo. È autore di saggi, racconti di viaggio e romanzi. Tra i suoi titoli di maggior successo tutti pubblicati da Sperling & Kupfer, Dio ci salvi dagli inglesi… o no!?, C’era una volta in Italia, Il romanzo dei Windsor, Il romanzo di Londra, Intramontabile Elisabetta, L’ultima estate di Diana, Royal baby, La regina imperatrice, Elisabetta, per sempre regina, William & Harry e Carlo III.
Ad aprire la due giorni letteraria di Albinea, sarà però giovedì sera alla sala civica di via Morandi 9, Giulia Blasi che presenta ‘Brutta. Storia di un corpo come tanti’. Perché mai un uomo può ‘essere brutto’, magari calvo, con un naso prominente, occhi sporgenti… mentre alle donne è richiesto di rispettare precisi canoni estetici e di apparire sempre giovani e attraenti? Si chiede l’autrice. È una domanda per la quale non abbiamo una risposta soddisfacente.
Una donna nasce, cresce e passa tutta la vita a tenersi alla larga dall’essere identificata come “brutta”: è la storia raccontata da Giulia Blasi, una raccolta di saggi brevi che hanno l’esplosività di una serie di monologhi lucidi e affilati, a metà tra ferocia e risata. Dall’infanzia alla prima adolescenza, dai vent’anni all’età in cui comincia l’invecchiamento, la storia del suo corpo è la storia del corpo di ogni donna: un corpo che va nel mondo con la consapevolezza della quantità di spazio che può occupare e di attenzione che può pretendere in ragione di come viene etichettato. Una consapevolezza che cambia prospettiva se ci si pone la domanda iniziale e poi si prosegue secondo la stessa logica chiedendosi: chi ha detto che, per occupare uno spazio pubblico, per vivere appieno in società, si debba per forza essere belle?