ALBINEA (Reggio Emilia) – C’erano 200 persone questa mattina al cinema Apollo di Albinea per l’incontro con Gianmarco Pozzecco. L’ex cestista, oggi viceallenatore dell’Olimpia Milano, ha presentato il suo libro dal titolo “Clamoroso. La mia vita da immarcabile”. Ha parlato della sua vita, prima da sportivo, poi da allenatore. Ha raccontato quanto gli piacesse essere considerato una sorta di “rock star” del basket, ma soprattutto quanto si divertisse a giocare sul campo. Divertimento nato in lui fin da quando ha memoria e cioè quando, con il fustino del Dixan, vuoto e appesa all’armadio, si esercitava a fare canestro.

“Se c’è una cosa che davvero non sopporto e che è assolutamente falsa, è quando si dice di me che abbia fatto uso di droga – ha raccontato – La ritengo una bugia agghiacciante, visto che nella mia vita non è mai successo. Ho scritto questo libro anche per ribadire il concetto.
Il “Poz” ha messo in guardia della motivazione, che troppo spesso oggi spinge i ragazzi a fare sport e le famiglie a caricarli di responsabilità: diventare “professionisti” e “ricchi”: “Io ho avuto la fortuna di divertirmi giocando ed è stato grazie a questo che poi sono arrivato tra i professionisti. Bisogna capire che se ci si diverte, indipendentemente dalla categoria, si ha raggiunto l’obiettivo. Se mi chiedete oggi quale sia la cosa che mi manca di più, non vi rispondo giocare al Forum di Assago, ma giocare e basta, magari nella camera con mio fratello come facevo da bambino”.

Terminata l’attività Pozzecco ha allenato per tre anni la Dinamo Sassari e oggi è il vice allenatore dell’Armani Jeans. E anche sul suo ruolo attuale ha le idee chiare: “Ho cercato di ventare l’allenatore che avrei voluto mi allenasse quando giocavo. Di solito i coach sono troppo autoritari e presenti nella vita dei giocatori. Diventano come genitori possessivi e questo non giova a un ragazzo che, una volta imparati alcuni limiti che deve rispettare, ha bisogno di decidere da solo, visto che in campo c’è lui – ha proseguito il Poz – Ad esempio credo sia assurdo non festeggiare una partita vinta la sera della vittoria. Credo anche si possano bere due birre in un locale quella sera, senza esagerare. Ma il giorno prima della partita a letto presto. Io facevo così. Ho sempre cercato di convincere i miei ragazzi a fidarsi di loro stessi e dei loro mezzi, anche usandomi come esempio in negativo – ha confessato ridendo – Vivevo da rock star perché mi è sempre piaciuto essere al centro dell’attenzione. Oggi sono completamente cambiato e mi adopero perché i ragazzi arrivino a realizzare i loro sogni divertendosi”.
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