REGGIO EMILIA – Il piano di accoglienza per gli afghani in fuga dal nuovo potere talebano è scattato. Il territorio reggiano si è reso disponibile a ospitare immediatamente 35 persone e, a breve, è stato comunicato alle realtà che gestiscono l’accoglienza, arriverà il primo nucleo famigliare composto da 5 persone.
Per ora, le informazioni sicure si fermano qui perché le incertezze non mancano: non è ancora chiaro dove gli afghani arrivati in Italia debbano fare la quarantena, se a Roma o nelle città in cui verranno accolti; quindi, non si sa quando questi arrivi in provincia si concretizzeranno.
L’input dal ministero degli Interni alle prefetture e, a cascata, dalle prefetture alle cooperative sociali, è stato: diteci quanti posti siete in grado di mettere a disposizione immediatamente. L’Ovile e la Dimora d’Abramo, che stanno gestendo in proroga il sistema accoglienza, hanno risposto con questi circa 35 posti pronti, dislocati tra gli appartamenti che le cooperative utilizzano per ospitare i richiedenti asilo. Si tratta quindi di una primissima risposta nell’urgenza della situazione. C’è incertezza anche sullo status che gli afghani in fuga assumeranno: probabilmente, sempre quello di richiedenti asilo.
L’emergenza profughi afghani si inserisce nel più vasto contesto dell’accoglienza dei migranti: da gennaio a oggi sono state circa 100 le persone ospitate nel Reggiano, 200 quelle fuoriuscite dopo un periodo di accoglienza. Parlavamo di “gestione in deroga” da parte di Ovile e Dimora d’Abramo, perché il servizio rimarrà in capo alle due cooperative fino al 30 settembre, dopo che tre bandi sono andati deserti per condizioni di accoglienza ritenute troppo poco dignitose. Si attende che la prefettura fissi la commissione che valuterà le eventuali candidature arrivate al quarto bando.
“Siamo smarriti e attoniti, senza parole – è il pensiero del presidente de L’Ovile, Valerio Maramotti – Abbiamo condiviso le angosce di tanti nostri accolti che vengono dall’Afghanistan che là hanno i parenti. Come sempre, la nostra preoccupazione è per i più fragili, per i bambini e le donne. Chiediamo che vengano istituiti progetti di protezione per loro e corridoi umanitari per portare al sicuro tutti coloro che hanno collaborato per portare la democrazia, perché loro adesso rischiano davvero la vita”.
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