REGGIO EMILIA – Bella storia quella dei centri sociali reggiani minacciati dal Ministero della Sviluppo Economico di una multa da 30mila euro a testa e di una denuncia penale per aver fornito connessioni internet di buona qualità e a basso costo ai cittadini di frazioni che ne erano sprovviste. Anzi, brutta storia, però istruttiva.
In molte frazioni del forese, anche a pochi chilometri da Reggio, la connessione internet non c’è o è scadente. In genere si tratta di zone non densamente popolate. Aree grigie, si chiamano in gergo, cioè zone che sono state cablate, ma in cui le compagnie della telefonia mobile non attivano la fibra perché per loro non è conveniente. Sotto l’impulso dei residenti, tagliati fuori dalle più comuni tecnologie digitali, il Comune di Reggio costruisce un progetto che con il tempo diventa realtà, prima a Coviolo, poi a Fogliano e Massenzatico. La società regionale Lepida ci mette la banda ultra larga, il centro sociale fornisce la connettività ai soci interessati e reinveste nella propria attività le piccole somme pagate dai fruitori del servizio. Un caso in cui soggetti di natura pubblica forniscono ai cittadini un servizio ormai essenziale perché i privati non si muovono, non vedendo margini di profitto. Un’esperienza studiata in tutta Italia e premiata dall’Unione Europea nel 2017.
Se adesso il Mise, dopo tanti bei discorsi sulla didattica a distanza e sul lavoro da casa, si impegna a distruggere il piccolo esperimento reggiano del wi-fi di comunità, forse è riduttivo leggere la vicenda semplicemente in chiave burocratica. Si parla tanto di beni comuni, ma dietro l’atteggiamento del Ministero c’è una visione dell’economia e della società. Quella che portò alla legge sui servizi pubblici locali di rilevanza economica da affidare ai privati, poi bocciata dal referendum del 2011. Quella che ha imposto alle società comunali di operare solo per il Comune socio. Quella che ha costretto gli enti locali a vendere le società partecipate con due bilanci in rosso negli ultimi tre anni. Quella visione per la quale bisogna aprire nuove farmacie, a patto che non siano comunali. Insomma, quella visione secondo la quale il pubblico meno fa e meglio è.
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