REGGIO EMILIA – Carlo Giovanardi sarà alla sbarra a Modena per minacce e oltraggio a pubblico ufficiale a partire dal 27 marzo. Sarà dunque un tribunale, come aveva sancito la Corte Costituzionale lo scorso dicembre, a stabilire la verità su quanto accadde dieci anni fa, e non il Senato, che due anni fa, col voto di centrodestra e Italia Viva, sottrasse l’ex parlamentare modenese al giudizio stabilendo che le sue condotte fossero da ritenersi ‘opinioni’.
La vicenda è quella relativa alle presunte pressioni che Giovanardi esercitò sulla prefettura d’Oltresecchia affinché riammettesse alcune imprese nella White List per i lavori della ricostruzione post sisma in Emilia. L’accusa parla di telefonate, richieste di incontro e minacce più o meno velate da parte di Giovanardi, che tra 2013 e 2015 si sarebbe mosso per far riammettere l’impresa di Augusto Bianchini – poi condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo Aemilia – nell’elenco di quelle autorizzate a lavorare in Regione. L’ex senatore del centrodestra – è l’accusa – possedeva informazioni riservate e agiva di conseguenza, tanto che finirono nei guai anche alcuni funzionari della prefettura.
La prima richiesta di rinvio a giudizio, nel 2018, fu firmata da Marco Mescolini e Beatrice Ronchi della Dda di Bologna, poi l’aggravante mafiosa decadde e l’indagine passò alla procura di Modena. Il 16 febbraio 2022 il Senato “salvò” Giovanardi, invocando l’insindacabilità e stabilendo che non poteva essere processato. Poco dopo, in un’intervista a TgReggio, lo stesso ex ministro disse che “non era accettabile che un tribunale processasse il Parlamento”. La Procura di Modena presentò ricorso alla Corte Costituzionale, la quale stabilì invece che quello per cui Giovanardi è indagato, ovvero minacciare un Prefetto, un funzionario pubblico o un esponente delle forze dell’ordine per costringerlo a compiere un atto contrario ai propri doveri d’ufficio, non significa esprimere un’opinione e non rientra nei doveri di un parlamentare. Ora la parola passa ad un’aula di giustizia.
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