REGGIO EMILIA – Bilanci manipolati fin dal 2007, con l’obiettivo di occultare il flusso di denaro che partiva dall’azienda e andava in Lussemburgo e di nascondere all’esterno il deterioramento dei conti. la relazione firmata dal commissario giudiziale di Vismara, Franco Cadoppi, per l’adunanza dei creditori del 19 novembre contiene giudizi sferzanti sullo stile di gestione del gruppo Ferrarini.
“Per tentare di sorreggere e mantenere la sostenibilità finanziaria delle loro avventate operazioni finanziarie – scrive il commissario – i Ferrarini hanno coinvolto le società operative, sovrapponendo disordinati intrecci di garanzie con le società e tra di esse, al punto da condizionare le scelte industriali per la necessità di non far trasparire la gravità della situazione finanziaria personale e del gruppo. La crescente opacità dei comportamenti ha finito per infragilire la società fino al punto di non ritorno”.
Il consiglio di amministrazione di Vismara era interamente costituito da membri della famiglia Ferrarini. Il campionario degli artifici contabili ricostruito da Cadoppi è lungo: fatturato gonfiato attraverso i ricavi infragruppo, ingenti debiti non esposti a bilancio, perdite operative mascherate ricorrendo a cessioni fittizie che producevano provvidenziali plusvalenze.
Tuttavia, la vicenda più eclatante è quella del fiume di denaro – fino a 40 milioni di euro nel 2016 – prestato da Vismara ad Agrifood Investment, società lussemburghese della famiglia Ferrarini controllante di Vismara. Finanziamenti protrattisi per un decennio, eppure mai dichiarati a bilancio. Come è stato possibile? Lo spiega il commissario giudiziale: “Allo spirare di ogni esercizio, la controllante riusciva a reperire presso le banche la provvista per rimborsare temporaneamente il debito verso Vismara, salvo poi riaccenderlo nei primi giorni del mese di gennaio”.
Oltre 27 di quei 40 milioni sono poi andati perduti. La valutazione complessiva del commissario Cadoppi è netta: “Questi comportamenti, finalizzati esclusivamente a rappresentare una situazione falsa, su cui hanno sorvolato tutti gli organi di controllo, confermano, anzi evidenziano e aggravano, la responsabilità degli organi sociali”.
Intanto, Ferrarini Spa ha presentato ricorso alla Cassazione contro il decreto emesso dalla Corte d’appello di Bologna il 13 ottobre scorso. La stessa Corte, accogliendo in parte un reclamo di Unicredit e Intesa Sanpaolo, aveva stabilito che la competenza territoriale sul concordato preventivo dell’azienda di Rivaltella spetta non al tribunale di Reggio Emilia, ma a quello di Bologna. La Ferrarini aveva dapprima commentato come un successo questo pronunciamento, ma nei giorni scorsi ha chiesto alla Cassazione l’annullamento del decreto per erronea applicazione della legge fallimentare.
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