REGGIO EMILIA – A cavallo tra il 1999 e il 2001 le cronache dei quotidiani sul nuovo Piano regolatore parlavano di una “Reggio più verde”, di una “città in cui non si costruirà più”. Dello stesso tenore erano le dichiarazioni degli amministratori locali.
Nei fatti, il Piano regolatore del 2001 portò nel tempo alla realizzazione di 117 piani urbanistici attuativi in altrettanti comparti, per complessivi 6 milioni di metri quadrati di superficie totale. Più di 4 milioni e 300mila metri quadrati erano a destinazione residenziale.
Il 17 gennaio 2006 Tg Reggio mandò in onda il primo di una serie di servizi sull’espansione edilizia della città. Si intitolava “Mattone selvaggio” ed era basato sulle analisi contenute in una ricerca condotta da Caire Urbanistica per conto dell’assessorato ai Lavori pubblici del Comune. L’indagine documentava il fatto che tra il 1991 e il 2004 a Reggio erano stati costruiti 14mila nuovi appartamenti. In 13 anni il numero delle abitazioni era cresciuto del 26 per cento.
A Reggio si era costruito tre volte più di Parma, quattro più di Modena, cinque più di Bologna. “Una crescita urbana fuori dall’ordinario”, concludevano gli autori della ricerca. A quel servizio ne seguirono molti altri. Uno mostrava la cementificazione delle campagne della zona sud-est di Reggio: si intitolava “Il sacco di via Settembrini”.
Quei servizi suscitarono commenti e polemiche. Alcuni li apprezzarono, altri – soprattutto a sinistra – li criticarono, sostenendo che dipingevamo a tinte fosche un fenomeno che in realtà era positivo. Altri ancora ci accusarono di essere mossi da finalità politiche. Di lì a qualche anno, il surriscaldamento della produzione edilizia residenziale avrebbe determinato un tale eccesso di offerta sul mercato da mettere in ginocchio l’intero comparto. (2/continua)
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