REGGIO EMILIA – Ogni anno, la medicina nucleare del Santa Maria Nuova esegue 10mila prestazioni diagnostiche. Alla base delle tecniche utilizzate l’uso dei radiofarmaci, sostanze radioattive che individuano l’attività cellulare che porta alla nascita del tumore, prima ancora che prenda forma.
L’acquisizione di macchinari altamente sofisticati come la Pet e la Spect, grazie in particolare alle campagne fondi del Grade, ha portato un valore aggiunto che per una persona non ha prezzo. “La precocità nella diagnosi, per vedere ad esempio se c’è una recidiva della malattia – le parole di Annibale Versari, direttore del reparto – proprio perché il cambio metabolico precede di molto il cambio morfologico. Prima cambiano le cellule al loro interno, poi si vede il tumore”.
Non tutte le medicine nucleari in Italia hanno poi il ciclotrone, per la produzione dei radiofarmaci: “La possibilità di avere un ciclotrone ci permette di produrre in modo autonomo”, ha spiegato Federica Fioroni, responsabile fisica in Medicina nucleare. Venticinque anni fa è stata aperta la parte dedicata alle terapie radiometaboliche. Sono più di 500 quelle fornite ogni anno, percorsi complessi non solo da un punto di vista clinico: “Il paziente è ricoverato e, sapendo che non può uscire dalla sua stanza fino a che la radioattività non cala sotto certi range, l’aspetto psicologico è importante”, ha concluso Angelina Filice, responsabile di Terapia radiometabolica.
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