REGGIO EMILIA – Le prime pietre miliari, una sessantina sono state posizionate due anni fa. Di cippi ne esistono anche due, di formato gigante, sono alti due metri e si trovano a Canossa e a San Pellegrino in Alpe. Anche la loro riproduzione in scala mostra il logo scelto per la Via Matildica del Volto Santo. Linee che fanno riferimento al labirinto inciso sulla facciata del duomo di Lucca, punto d’arrivo del cammino che ha invece come città di partenza Mantova. In mezzo ci sono 250 chilometri, tra carraie, piste ciclabili e sentieri, che si snodano nelle terre un tempo sotto il dominio della Gran Contessa.
Un antico cammino, suddiviso in undici tappe, che vede il territorio reggiano in una posizione baricentrica, dalla sponda del Po fin verso il crinale. Hanno partecipato sia comuni della Bassa che della montagna agli stati generali promossi dal Comune di Reggio assieme alla Diocesi al fine di valorizzare un’opportunità, un’attrazione turistica, dalle potenzialità ancora inespresse.
Sottoposti a più gruppi di lavoro sono stati i temi dell’accoglienza presso le strutture presenti lungo il percorso, la sua cura, a partire dall’aspetto della segnaletica, le attività di volontariato che possono giovare alla causa. La Via Matildica del Volto Santo ha mosso i primi passi nel 2015, sulla spinta del successo crescente riscontrato dai fratelli maggiori, ovvero la via Francigena e il cammino di Santiago di Compostela, cui si sono ispirati gli ideatori del tratto centrale, quello che va dal centro di Reggio a San Pellegrino in Alpe, rispolverato dalla tradizione da un gruppo di appassionati di Montalto di Vezzano.
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