SCANDIANO (Reggio Emilia) – L’albero è addobbato con le foto di medici e infermieri, tutti con mascherina. Anche qui è Natale. Siamo al secondo piano dell’ospedale di Scandiano, questa è la medicina Covid, è stata aperta il 7 ottobre scorso, sono 40 i pazienti ricoverati qui.
“Facciamo una parte di post acuzie, di riabilitazione, di stabilizzazione e quindi di dimissione”, spiega il direttore della Struttura Erio Scalabrini.
Nella riorganizzazione dell’Ausl, il Magati è una specie di fermata intermedia tra i reparti a più alta densità di cura e il domicilio: qui si cura il respiro dei pazienti, li si aiuta a recuperare gradualmente la funzionalità polmonare dopo che sono stati sottoposti a terapie intensive con l’ossigeno.
Ci sono i fisioterapisti per l’attività motoria. Nonostante i doppi camici e le visiere si cerca di avere un rapporto il più umano possibile. Perché la paura tra i pazienti non passa, soprattutto se a casa sono soli o anche i familiari sono positivi: “Hanno sempre paura di essere contagiati di nuovo, di non essere all’altezza della situazione”, continua Scalabrini.
Dopo l’ondata importante delle settimane scorse i ricoveri stanno diminuendo. Ma preoccupano le carenze di organico e rattrista l’atteggiamento che si percepisce dall’esterno. “Non siamo più gli eroi della prima ondata noi sanitari. La gente ha un atteggiamento più pretenzioso, pensando che abbiamo ancora almeno fino alla primavera per vedere la luce in fondo dal tunnel, è motivo di preoccupazione”.
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