GUASTALLA (Reggio Emilia) – Dentro alle divise bianche che si spostano da un letto all’altro, c’è la stessa stanchezza che anche in questi reparti si trasforma in forza e tenacia, ci sono le stesse paure, che poi si superano perché anche qui i pazienti sono soli e loro sono la loro famiglia. L’ospedale di Guastalla è stato interamente destinato al Covid nella primavera scorsa. Anche nella seconda ondata, la riorganizzazione messa in campo dall’Ausl, ha conferito all’ospedale di riferimento dell’area Nord un ruolo centrale, con una differenza: “In questa seconda ondata per fortuna non c’è stata la necessità di riconvertire tutto l’ospedale a Covid – spiega la direttrice Elisa Mazzini – In questa fase stiamo lavorando per capire qual è il giusto equilibrio, dobbiamo vivere alla giornata per cercare sempre di anticipare quello che è il prossimo problema”.
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Su 90 posti, nel momento di massima pressione, sono stati 70 i letti occupati dai Covid. I pazienti meno gravi sono ospitati in medicina. Qui invece siamo nella ex cardiologia, dove una equipe tra gli altri di cardiologi, pneumologi e rianimatori assiste chi invece necessita di una ventilazione più invasiva, ad esempio con le maschere per l’ossigeno. “I pazienti sono comunque molto complessi – sottolinea Elisa Guerri, direttore di Cardiologia Area Nord dell’Ausl – molti non hanno solo il Covid, anche altre cose, questo un punto di forza è quello di essere più discipline, mettiamo insieme le nostre competenze, è una cosa che abbiamo imparato rispetto alla prima ondata, dove si faceva quello che si poteva, lo dobbiamo gestire da più punti di vista, spesso i pazienti si ammalano o muoiono perché il Covid va a peggiorare una situazione grave”.
Poi c’è la terapia intensiva, la seconda per dimensioni dopo quella del Santa Maria Nuova, dove si arriva all’intubazione. Dieci in tutto i posti a disposizione, occupati tutti dai pazienti Covid fino a pochi giorni fa.
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