
LUGANO (Svizzera) – Era nella camera accanto la notte in cui Mary si suicida. Lei dodici anni, la sorella ventitré. Mary picchia i pugni contro la parete confinante: “Mi vieni a dare l’ultimo bacio?”. Risposta: “Dai, domani ho scuola”. Poi ci ripensa, ma quando arriva è tardi: Mary era già in coma, schiuma in bocca e sottoletto stipato di scatole vuote di medicinali. Non era stata l’eroina, nonostante i trascorsi. Non pensava sarebbe potuto essere l’ultimo bacio. Mai dato.
L’artista Veronica Barbato ricorda quei momenti con voce squillante senza tradire l’accento reggiano acquisito dopo il trasferimento in Emilia della sua famiglia da Casal di Principe nel 1985. Infatti, da quella notte Veronica ha lavorato sul dolore. Prima l’attrazione per la droga. Gli psicologi. La lettera di una sensitiva. Poi, l’arte. Solo così ha imparato a “lasciarla andare”, grazie alla mostra “Tua Sorella”, esposta fino al 13 gennaio allo spazio Focus della fondazione “De Pietri Artphilien” a Lugano.
La mostra
Un’artista che “naviga” tra teatro, danza, scultura e fotografia. Ha partecipato più volte a Fotografia Europea, l’ultima quest’anno nel circuito Off dell’evento con “Empireo”. Ma il progetto “più importante della sua vita”, come lo definisce lei, è proprio “Tua Sorella” il cui “intento è far viaggiare Mary nel mondo. Lei che non ha mai viaggiato”. Da qui la scelta della street art per raggiungere le vicine Bologna, Torino, Palermo e le pittoriche Marrakech, Mosca e New York.
“Ho sempre lavorato sull’interno più che sull’esterno – spiega – e me ne sono sempre fregata del giudizio della gente. E poi in famiglia non se ne parlava. Per esempio, quando ho iniziato a dire che mia sorella si fosse suicidata mio padre mi domandò perché lo facessi. Per un genitore è un fallimento, ma pensavo a noi, non agli altri. Questo ha sdoganato i tabù di una famiglia all’antica, ci ha uniti”.
La storia e la lettera
Ma il senso di questa mostra scintilla nel legame che Mary rappresentava per l’artista. Era sorella, sì, ma anche madre, perché “da tradizione nelle famiglie meridionali alla penultima (loro quattro fratelli, tre femmine e un maschio) tocca crescere l’ultima arrivata”. Dopo l’approdo a Reggio Emilia, Mary si sposa a 19 anni, ha un figlio, e porta a vivere con sé la sorella minore. Ma la catena viene spezzata dalla tenaglia dell’eroina.
Da quel momento, per Veronica iniziano le perdizioni. Poi la redenzione. La vera salvezza è, ancora una volta, Mary che da morta si rivolge alla sorella tramite la lettera di una sensitiva. Consegna la lettera il 27 ottobre 1999. Veronica ha 17 anni. Incontrerà la sensitiva solo ventitré anni dopo, a progetto ultimato. “Ero emozionata come quando si esce con la persona della quale si è follemente innamorati”, commenta. E continua: “Da allora dico che credo in qualcosa: in mia sorella. Erano contenuti che potevamo conoscere solo noi. Ad esempio la firma (dalla quale prende il nome la mostra) era accompagnata da un fiore. Il fiore affiancava sempre “Mary B.” quando da fatta scriveva le poesie. Tanto che se l’era tatuato a mano sul ginocchio”.
Con coraggio ha raccontato la sua storia, ha raccontato “l’odore del tossico”. Solo così oggi Veronica ha quarantuno anni e Mary ne avrebbe cinquantadue. Ma non è più nessuno: è la “sorella di tanti“.
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