REGGIO EMILIA – Il 14 febbraio di 20 anni fa veniva ritrovato, al residence Le Rose di Rimini, il corpo senza vita di Marco Pantani, il campione del ciclismo morto a soli 34 anni. Una vicenda sportiva e umana che ha toccato tantissime persone, soprattutto coloro che lo hanno conosciuto. Tra questi, anche il cardiologo e medico dello sport Danilo Manari.
“A distanza di anni, quello che prevale è l’astio rispetto a tutta la vicenda di Marco. Sia rispetto alle persone che lo hanno cannibalizzato e che hanno sfruttato la sua fama, sia rispetto a un Paese in generale che non lo ha protetto. Credo che si possa dire che l’unico errore di Marco sia stato nascere nel Paese sbagliato”.
Sono parole forti, perché la ferita è ancora aperta per il dottor Manari. Cardiologo e medico dello sport, per un paio di anni ha seguito Pantani. I fatti di Madonna di Campiglio erano già avvenuti: lo stop per l’ematocrito troppo alto per il ciclista di Cesenatico, vincitore del Giro d’Italia e Tour de France nello stesso anno, il “Pirata” che faceva sognare con i suoi scatti in salita. “Le misurazioni confermano quello che è presente nel giudizio degli esperti e nell’immaginario collettivo: era un atleta incredibile”.
Il dottor Manari eseguiva su Pantani i test atletici, come oggi continua a fare con gli sportivi professionisti. I ricordi sono ancora preziosi: “Marco era una persona che dal punto di vista umano si metteva molto in gioco. Non era capace di indifferenza, o ti amava o ti odiava, ma con te aveva sempre un rapporto carico di emozioni”, il ricordo di Manari. Inevitabile guardarsi indietro: in questi 20 anni i centri antidoping nel mondo sono rimasti pochissimi, ci sono stati casi di doping di stato. A Lance Armstrong sono state tolte le sette maglie gialle vinte al Tour de France: serve sapere anche questo per capire cosa si prova oggi: “Incredibilmente, l’evento doping più grave e importante nel ciclismo, che riguarda un ciclista americano, ci è passato sotto il naso ed è stato gestito da un medico italiano nel nostro Paese – ha ricordato Manari – Abbiamo fatto tanto rumore, ma ci siamo fatti passare sotto il naso una situazione clamorosa e non siamo stati capaci di fermarlo”.
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