REGGIO EMILIA – Manifestare liberamente è uno dei doni che la nostra carta Costituzionale tutela. E’ frutto di lotte contro chi quella libertà aveva soffocato. Nel weekend appena concluso in città, per ragioni molto diverse, circa 7mila persone sono scese in piazza per manifestare liberamente.
Libertà, nel mondo occidentale, è una parola le cui radici risalgono a 236 anni fa e fu associata a fraternità e uguaglianza. Vedere scritte e striscioni che minacciavano di morte una persona o associare un’azienda agli ebrei che finivano nei forni crematori non ha nulla a che fare con la libertà. Si manifesta perché non si è d’accordo con una decisione che si ritiene ingiusta, ma non si può dimenticare che ogni valore in cui si crede ha come scopo la promozione della vita e non della morte.
Ugualmente, gridare “l’Italia agli italiani” o “riprendiamoci Reggio” non può prescindere dal ricordare che l’uguaglianza è sorella della libertà e non esistono persone di serie A né altre di serie B. Se ci sono delinquenti in giro, e anche a Reggio ci sono, libertà, fraternità e uguaglianza tradotte in costituzioni e leggi prevedono che esistano organi deputati all’accertamento delle colpe e all’amministrazione delle pene. Il “noi e loro”, con noi i buoni e loro i cattivi è un affascinante quanto grossolana ed improduttiva soluzione.
Tradizioni, identità, usi, costumi, luoghi simbolo, sono certamente diversi da popolo a popolo ma tutto questo non può giustificare l’idea di eliminare l’altro pena un vortice di violenze che più volte la storia ci ha purtroppo presentato. Scusare o sottovalutare le minacce di morte è grave come sottovalutare i problemi di ordine pubblico in alcuni quartieri della città. I confini sono meno ferrei di un tempo: una squadra non reggiana gioca stabilmente a Reggio Emilia e migliaia di persone che non parlano il nostro dialetto abitano qui. Tutto ciò può non essere epidermicamente simpatico, ma pensare di produrre la morte dell’altro è il modo peggiore per affrontare il tema.
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