REGGIO EMILIA – Parlare di arma contro la pandemia questa volta non è soltanto una metafora. Passa, infatti, dall’utilizzo di una pistola l’iniezione dell’eVax, il vaccino italiano anti Covid di ultima generazione basato sul metodo del Dna. Come una cartuccia, la siringa contenente la dose trova spazio in una sorta di caricatore.
“L’abbiamo pensato secondo la nostra logica – le parole di Giorgio Aldini, responsabile dell’azienda Xform – cioè in modo che sia sostenibile, costi il meno possibile e debba essere producibile in centinaia di milioni di esemplari”. Aldini è disegnatore industriale e responsabile della Xform, attività reggiana con sedi anche a Shanghai e Minneapolis, specializzata nello sviluppo di prototipi di componenti destinati al largo utilizzo.
La progettazione della pistola per somministrare vaccini a Dna è nata 3 anni fa. Il committente è la Igea, azienda biomedicale di Carpi che da 25 anni collabora con Xform. Il dispositivo è stato utilizzato per la prima volta il primo marzo, quando è partita la fase uno della sperimentazione del vaccino eVax, messo a punto dalle società farmaceutiche Takis e Rottapharm.
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