REGGIO EMILIA – Ruote da Sogno ha ospitato il tradizionale incontro di fine anno di Unindustria, intitolato “2025 i reggiani tra incertezza e speranza”, a cui hanno preso parte oltre 350 persone tra imprenditori, imprenditrici e autorità.
L’incontro, condotto da Andrea Cabrini, direttore Class CNBC, ha preso il via con l’intervento della presidente Roberta Anceschi. Sono seguiti la relazione di Daniele Marini, docente di Sociologia dei processi economici Università di Padova – Direttore Scientifico Community Research&Analysis e una conversazione tra Marco Massari, sindaco di Reggio Emilia; Emanuele Ferrari, sindaco di Castelnovo Monti e Paolo Dallasta, sindaco di Guastalla.
E’ stato inoltre assegnato il Premio Italiano Meccatronica 2024 – ricerca e impresa, dedicato ai progetti di ricerca universitaria realizzati in collaborazione con aziende meccatroniche.
Nel corso dell’evento si è tenuta la presentazione del libro “La Periferia Intelligente” di Lorenzo Ciapetti, direttore Antares e Giuliano Nicolini, consulente aziendale, ricercatore e formatore.
Sul palco è stata annunciata la donazione di 50 mila euro da parte di Unindustria Reggio Emilia a Apro Ets a sostegno della Gastroenterologia Endoscopica Digestiva del Core di Reggio.
Infine sono state premiate le aziende che, nel corso del 2024, hanno festeggiato i 70, 60, 50 e 40 anni di fondazione.
Giuseppe D’Auria vince il Premio Italiano Meccatronica 2024 – Impresa e ricerca
Giuseppe D’Auria, laureando Magistrale in Ingegneria Meccatronica, Unimore, si è aggiudicato l’edizione 2024 del Premio Meccatronica – impresa e ricerca.
Il concorso, dedicato ai progetti di ricerca universitaria realizzati in collaborazione con aziende meccatroniche, si aggiunge a quello assegnato a giugno alle imprese eccellenti ed è promosso dal Gruppo Meccatronico di Unindustria. Il premio è stato consegnato dalla Presidente degli Industriali reggiani Roberta Anceschi e dal Presidente del Gruppo Meccatronico Claudio Lodi.
D’Auria ha vinto con un progetto dedicato al controllo in co-simulazione di un braccio robotico in ambiente spaziale, presso l’azienda D-Orbit di Como, e si è aggiudicato un premio di 5mila euro. I progetti, giunti da numerosi atenei italiani, sono stati valutati da una giuria composta da esperti di Unindustria e rappresentanti accademici: Alberto Rocchi, Walvoil; Marco Ferrari, Emak; Marco Minardi, Moss ed Elisabetta Manconi, UniParma.
Questa la motivazione indicata per il vincitore: “Il lavoro di tesi tratta un problema d’attualità, posta tra campi dell’ingegneria particolarmente avanzati quali la robotica e l’aerospazio; potrà avere sostanziali ricadute sul piano tecnico e applicativo. Il metodo impiegato fa uso di tecnologie di modellizzazione e simulazione molto interessanti. Fornisce quindi un contributo significativo alla progettazione del sistema di cattura robotizzato dei satelliti, ma offre anche spunti utili allo scopo di migliorare l’affidabilità e l’efficienza delle missioni spaziali future e la sicurezza delle operazioni nello spazio”.
La giuria ha inoltre assegnato un premio di 2mila euro e una menzione speciale a Daniela Lucchese per il progetto dal titolo “Utilizzo di distribuzioni non-Gaussiane nel modello di Markov nascosto per la prognostica”, sviluppato nel corso del dottorato di ricerca in Ingegneria dell’Innovazione Industriale presso Unimore. Il lavoro è stato realizzato in collaborazione con Loogos di Parma, startup innovativa specializzata nel campo IOT e manutenzione predittiva.
Questa la motivazione: “La ricerca mira a colmare una lacuna nel campo dell’analisi dei segnali delle vibrazioni e quindi contribuisce a migliorare la capacità di effettuare una più accurata diagnostica per monitorare il degrado strutturale e prevenire il guasto dei macchinari”.
Finalista infine; Riccardo Busetto, con laurea magistrale in Automation and Control Engineering, Politecnico di Milano il progetto “Meta-learning per l’autocalibrazione di motori brushless”, sviluppato insieme all’impresa STMicroelectronics
Le aziende premiate da Unindustria Reggio Emilia
La presidente di Unindustria Reggio Emilia, nel corso dell’evento di fine anno, sul palco ha premiato 18 imprese che, nel corso del 2024, hanno festeggiato importanti anniversari della fondazione aziendale. Ai loro rappresentati è stata consegnata la statua celebrativa Homo Faber, realizzata dal noto scultore reggiano Graziano Pompili.
Queste le industrie insignite: 70 anni Nexion – Corghi e Rovatti A. & Figli Pompe; 60 anni Cattini, F.B.N., Meccanica Guaitolini di Boschini Gianni e Zincatura Padana; 50 anni C.A.P., Kaercher Floor Care, Project Group e Torreggiani & C.; 40 anni Bell, Bs Medical, Cis, Eco Pulizie, Montedil, Proteo, S.M.T. Società Manifattura Tessile e Salvarani.
L’intervento della Presidente di Unindustria Reggio Emilia Roberta Anceschi
Autorità, signori sindaci, signore e signori, care colleghe e cari colleghi, benvenuti all’incontro di fine anno di Unindustria Reggio Emilia.
Un saluto particolare lo rivolgo ai nostri relatori: Marco Massari, sindaco Comune di Reggio Emilia, Paolo Dallasta, sindaco Comune di Guastalla, Emanuele Ferrari, sindaco Comune di Castelnovo ne’ Monti, Daniele Marini, docente universitario e Direttore scientifico di Community Media Research,
Lorenzo Ciapetti, direttore Antares e Giuliano Nicolini, consulente aziendale e formatore.
Porgo il mio più caloroso saluto alle colleghe e ai colleghi le cui imprese hanno raggiunto quest’anno un traguardo di particolare rilievo. 40, 50, 60, 70 anni e oltre di vita aziendale sono un obiettivo memorabile che questa sera nel corso dei lavori verrà premiato con un pubblico riconoscimento.
Saluto e ringrazio per la loro presenza i vincitori del Premio Italiano Meccatronica.
Infine, un ringraziamento particolare va ad Andrea Cabrini, che da anni ci accompagna nei nostri maggiori appuntamenti.
Pochi giorni fa il 12° Rapporto sulla coesione sociale, realizzato dalla Camera di Commercio dell’Emilia in collaborazione con Fondazione Manodori, ha descritto lo stato dell’economia e della società reggiana con le seguenti parole.
“Dopo la crescita lineare che ha caratterizzato gli anni centrali dello scorso decennio, la successiva bufera rappresentata dal Covid e la repentina ripresa nel 2021 e 2022, l’economia e la società reggiana sono alla ricerca di nuovi equilibri, in un alternarsi di buone notizie ma anche di incertezze”.
Queste ultime sono riferite, soprattutto, allo stato di difficoltà che riguarda l’industria per la quale si prevede di chiudere l’anno con un calo della produzione pari a 1,5%.
Non è dunque un caso se l’indicatore costituito dalla cassa integrazione evidenzia nei primi nove mesi del 2024 un significativo +142%.
Dato che trova puntuale riscontro nel rallentamento dell’export reggiano.
Nonostante tutto ciò, sullo sfondo si evidenzia un tessuto imprenditoriale e sociale che in questi stessi anni si è rafforzato in alcuni valori fondamentali, come l’innovazione, l’internazionalizzazione, il Pil, il reddito delle famiglie, il numero degli occupati e la qualità della vita.
Riferendomi a quest’ultima, voglio ricordare la sanità che – nonostante la carenza di personale – ha assicurato sia un rilevante aumento del numero delle prestazioni, sia l’apertura del Centro assistenza e urgenza di Reggio Emilia nel dicembre 2023, sia, infine, l’ampio recupero degli interventi chirurgici bloccati nel lungo periodo della pandemia.
Il nostro presente, dunque, appare segnato in maniera significativa da luci e ombre.
Questo quadro è stato confermato, purtroppo, nei giorni scorsi dal CENSIS.
Il suo rapporto annuale lo possiamo sintetizzare nel seguente modo: aumenta il lavoro ma il ceto medio è più povero, cala la fiducia nella politica, mentre gli italiani paiono ignorare quasi tutto del Paese in cui vivono.
Unindustria Reggio Emilia è impegnata a comprendere questa realtà e a dare voce all’imprenditoria reggiana che rappresenta di per sé un prezioso capitale sociale.
Facendo riferimento proprio alla nostra Associazione, voglio ricordare che nei giorni scorsi il Consiglio Generale ha deliberato l’avvio della procedura che, successivamente alla ratifica da parte dell’Assemblea delle Associate del prossimo giugno, porterà Unindustria Reggio Emilia ad assumere la denominazione di Confindustria Reggio Emilia.
Tornando al nostro sistema industriale, vale la pena evidenziare che – al netto dei rallentamenti imposti dal costo dell’energia e delle materie prime e dai troppi e drammatici conflitti – già due anni fa aveva recuperato le perdite causate dalla pandemia mentre oggi si trova ad affrontare una realtà senza precedenti.
Ben si comprendono, dunque, le ragioni del titolo di questo nostro tradizionale appuntamento di fine anno: “i reggiani tra incertezza e speranza”.
Una polarizzazione causata dalle contraddizioni tra ciò che vediamo, ciò che percepiamo e ciò che viviamo.
La consapevolezza di questo stato di cose ci ha spinti, un anno fa, a commissionare una ricerca sul sentiment dei reggiani che, come molti ricorderanno, è stata presentata in questa stessa sede nel dicembre scorso.
Mi fa piacere ricordare, in proposito, che nel mese di febbraio abbiamo offerto a tutti i sindaci della provincia l’opportunità di organizzare – in piena autonomia – un seminario dedicato ai risultati della nostra ricerca.
Un appuntamento molto apprezzato che sono in grado di anticipare sin da ora sarà ripetuto all’inizio del nuovo anno.
Tra poco il prof. Marini ci presenterà una sintesi dei risultati emersi dal sondaggio realizzato alcuni giorni fa su un campione rappresentativo di cittadini reggiani.
Potremo conoscere così le novità maturate nel corso degli ultimi dodici mesi.
Un anno, quello appena trascorso, nel corso del quale Unindustria Reggio Emilia ha continuato a lavorare in presa diretta con il territorio.
Come molti di voi ricorderanno, nell’estate del 2022 abbiamo organizzato la nostra Assemblea Generale a Castelnovo ne’ Monti.
Nel giugno scorso è stata la volta di Guastalla, seconda tappa di quel percorso ideale che nel 2025 ci porterà nuovamente a Reggio Emilia.
L’obiettivo che ci siamo dati è quello di concorrere a definire – di concerto con le amministrazioni locali e con la Regione Emilia-Romagna – dei piani di sviluppo locale finanziati anche attraverso la Programmazione europea 2028-2034.
Il rilievo di questa finalità ci ha spinti – nella primavera scorsa – a presentare ai candidati sindaco dei comuni della pianura e del capoluogo, due documenti di programma elaborati da Unindustria Reggio Emilia come contributo alle nuove amministrazioni.
Con questa iniziativa abbiamo invitato a raccogliere la sfida che le nostre comunità hanno di fronte.
Mi riferisco alla necessità di diventare una “periferia competitiva”, vale a dire una realtà plurale dotata di competenze e relazioni che la connettono stabilmente al mondo non per ciò che è oggi, ma per quello che sarà domani.
Una sfida impegnativa che impone una chiara visione strategica: fare dell’intero ecosistema regionale il luogo dello sviluppo industriale e post‐industriale.
Un obiettivo al raggiungimento del quale Reggio Emilia può contribuire se riuscirà a rinnovare i fattori indispensabili per generare innovazione.
È questo, infatti, il passaggio obbligato per conservare, trasformandola, tanto la reputazione internazionale accumulata nel tempo, quanto il nostro posizionamento all’interno delle Catene Globali del Valore.
La visione che deve animarci è la paziente costruzione di un ecosistema socioeconomico in grado non solo di fabbricare prodotti eccellenti, ma anche di primeggiare sia nell’istruzione, sia nella formazione di ogni grado e livello, sia, infine, nella qualità della vita a partire dalla salute, dalla sicurezza sul lavoro e dall’offerta culturale.
Obiettivi, quelli appena richiamati, ascrivibili tutti alla prassi della sostenibilità – in cui dobbiamo diventare campioni – che sarà al centro dell’impegno associativo nel corso del 2025.
Riferendomi alle transizioni energetica, ambientale e digitale credo sia indispensabile convenire su un punto preciso.
Ci riferiamo a transizioni che costano e costeranno migliaia di miliardi al sistema Italia perché si tratta vere e proprie rivoluzioni industriali, destinate a cambiare in meglio la vita di ciascuno di noi e il futuro delle nostre aziende.
Tuttavia, queste stesse transizioni hanno bisogno di tempi adeguati e di obiettivi che non devono in alcun modo portare alla deindustrializzazione o, peggio, alla desertificazione industriale.
Come imprenditori abbiamo il dovere di restare con i piedi per terra facendo capire che l’industria italiana ha già raggiunto gran parte degli obiettivi ambientali, e lo ha fatto investendo sulle proprie tecnologie.
Gli obiettivi che ci dobbiamo dare sono quelli indicati recentemente da Mario Draghi nel rapporto presentato all’Unione Europea.
Secondo Draghi la sfida per rilanciare la competitività è esistenziale per l’Europa perché “senza un deciso cambio di rotta l’Unione rischia di compromettere il suo benessere, l’ambiente e la sua stessa libertà”.
I dati parlano chiaro: la produttività in Europa stenta, mentre la crescita rallenta da decenni.
Cresciamo un terzo rispetto agli Stati Uniti e un decimo rispetto alla Cina dove, pur con tutti i distinguo circa il ruolo dello stato, la produttività ha rappresentato il fattore trainante dal 1980 a oggi.
Dobbiamo guardare in faccia la realtà ascoltando attentamente le parole di Draghi quando sostiene che “il calo della produttività in Europa deriva da un uso inefficiente delle risorse, da un ridotto progresso tecnologico e da minori investimenti”.
I risultati sono evidenti: il vecchio continente subisce l’egemonia tecnologica e culturale degli Stati Uniti in ambiti vitali, come le grandi piattaforme digitali, lo sviluppo delle applicazioni e le competenze riferite all’Intelligenza Artificiale.
Così non va!
Essere scissi tra certezza e speranza non significa certo, tanto per l’Europa, quanto per i reggiani, arrendersi a un destino che in ultima analisi dipende da noi.
Nella consapevolezza di tutto ciò questa sera abbiamo deciso di affiancare ai temi sociali anche una questione che rimane centrale per il futuro di tutti: l’innovazione.
Mi riferisco a quella sviluppata dalla collaborazione tra imprese e università cui è dedicata la specifica sezione del Premio Nazionale Meccatronica che tra poco consegneremo.
Nel corso dei lavori presenteremo anche una figura diffusa nel nostro territorio eppure sconosciuta ai più, mi riferisco quell’Innovatore della porta accanto il cui impegno quotidiano ha fatto della nostra terra una periferia intelligente.
Sono orgogliosa di presentare un’iniziativa associativa – promossa dalla Vicepresidente con delega alle PMI Francesca Paoli, che saluto e ringrazio – un’iniziativa – dicevo – che in virtù dei suoi contenuti originali è diventata prima un luogo di incontro e confronto e poi un libro che apre a nuove possibili prospettive di innovazione e sviluppo.
Con la loro tenacia quotidiana i nostri “innovatori della porta accanto” dimostrano la forza dirompente di una cultura organizzativa davvero aperta al cambiamento.
Per sostenere questa attitudine non bastano bonus o incentivi, ciò che serve è la presenza di un ampio e differenziato ecosistema tecno-scientifico di scala regionale e sovra regionale aperto alle relazioni e alle collaborazioni con le imprese, soprattutto, quelle di piccole e medie dimensioni.
Infine, la ricerca realizzata dal prof. Marini ci aiuterà a comprendere non solo le nostre fragilità ma anche la forza che la nostra comunità è in grado di esprimere.
I dati che vedremo e le considerazioni che ascolteremo tra poco, confermano la nostra provincia come una delle aree più solide del paese.
Tuttavia, invito ciascuno di voi a non concentrare la propria attenzione sui numerosi e lusinghieri elementi di positività.
Vi chiedo, al contrario, di fare attenzione alle numerose e talvolta urgenti aree di miglioramento.
Ciascuna delle comunità prese in esame, mi riferisco alla montagna, al capoluogo, alla via Emilia e alla pianura, presenta criticità che richiedono rinnovata attenzione e interventi mirati.
Si pone in evidenza, in particolare, la questione della qualità della vita misurata non solo dalle statistiche, ma anche e soprattutto dall’ascolto attento e paziente delle persone a partire dalle più fragili.
Questa sera, in amicizia e con spirito di collaborazione, ci confronteremo non per rivendicare i rispettivi primati amministrativi o economici, bensì per infondere speranza a una comunità che chiede di dare ai suoi giovani un futuro e a chi è anziano la giusta serenità.
Autorità, signori sindaci, care colleghe e cari colleghi,
la prosperità e la felicità dei nostri concittadini sono fortemente influenzate dalla vitalità delle nostre imprese e dalle decisioni di chi esercita il potere, a livello locale, regionale e nazionale.
Rivolgiamo un monito a noi stessi, alla politica e alla società civile di questa bellissima terra: il futuro è sempre uno spazio aperto, e il suo esito è nelle nostre mani, in quelle di ciascuno di noi.
Esso dipende da ciò che tutti noi compiamo oggi e dalle azioni che intraprenderemo domani e dopo domani.
Ogni nostra azione, presente e futura, è a sua volta influenzata dai nostri pensieri, dai nostri desideri, dalle nostre speranze e paure, nonché dal nostro coraggio.
Dipende da noi, soltanto da noi.
Molti cari auguri di buone feste a tutti voi.

Unindustria 2024
La ricerca: la popolazione della provincia di Reggio, la qualità della vita e il ruolo dell’industria
(clicca e scarica le slide)
1. La «in-certezza» dei reggiani
di Daniele Marini
In un contesto sociale ed economico che muta in modo sempre più veloce, vengono meno i tradizionali punti di riferimento. Ciò che un tempo era chiaro e definito, oggi lo è sempre di meno. Il cambiamento non è un più un periodo di transizione, ma è la nuova normalità. È evidente che essere immersi, e attraversati, da continue modificazioni è come trovarsi all’interno di una centrifuga: quando si ferma e si esce, il senso che si sperimenta è il disorientamento.
Fuor di metafora, il modificarsi continuo dei confini (valoriali, simbolici, di fenomeni) produce un senso di spaesamento e di incertezza. Di più, per dirla con un gioco di parole, l’unica certezza di cui disponiamo è l’incertezza.
In questo senso, l’anno che si va concludendo, racconta di una popolazione reggiana all’insegna della «in-certezza», col trattino. Ovvero, per un verso, assistiamo – a distanza di un anno dalla precedente rilevazione , avvenuta nello stesso periodo – a un processo di ulteriore erosione delle condizioni socioeconomiche percepite, a una maggiore preoccupazione per il peggiorare della qualità della vita e per l’ampliarsi delle problematiche attese per il futuro. Aumenta la sensazione di “incertezza”.
Tuttavia, nello stesso tempo, sono ben chiare le radici cui affidarsi: ci sono delle “certezze”. Radici che hanno originato lo sviluppo attuale e sulle quali puntare per il futuro: il ruolo centrale della produzione manifatturiera e agroalimentare, il lavoro e le competenze professionali, la coesione sociale e l’accoglienza degli immigrati. Di qui, la percezione di un futuro caratterizzato da un orizzonte ancora offuscato, ma in misura inferiore rispetto a quanto immaginato al termine del 2023. Segno che cresce anche una speranza positiva, benché i venti di difficoltà non siano venuti meno.
In questo senso, dunque, i reggiani si presentano al termine di un anno segnato pesantemente, in particolare per l’Emilia-Romagna, da ripetute catastrofi ambientali, che sicuramente hanno inciso nelle valutazioni espresse. Per questo motivo sono «in-certi»: confusi, ma con radici salde.
Proviamo qui a riannodare alcuni fili degli esiti emersi dalle interviste realizzate, raggruppandole attorno alle due parole chiave, lasciando l’esplorazione più diffusa dei risultati al resto del report.
In-certezza. È un sentimento che pervade la popolazione reggiana e affonda le radici in una progressiva percezione di perdita delle proprie capacità economiche. Poco meno della metà degli interpellati (44,8%) avverte di aver diminuito le risorse economiche familiari, mentre era il 37,7% nel 2023. Il profilo sociale è sufficientemente nitido di chi, più di altri, risente di questa perdita: gli anziani (oltre 65), chi ha un livello di studi basso, gli imprenditori e i lavoratori autonomi, chi risiede nelle periferie delle città e dei paesi, chi abita nell’area della «Montagna» e della «Pianura». Qui si cela un maggior livello di disagio sociale ed economico cui prestare attenzione.
Un’analoga situazione si verifica considerando la mobilità sociale percepita, il cosiddetto “ascensore sociale”. Anche in questo caso, la sensazione di discesa è vissuta dal 45,2% dei reggiani, mentre lo scorso anno interessava il 34,7%. Quindi, siamo in presenza di un maggiore affollamento in questa condizione. Viceversa, diminuiscono quanti sono rimasti al medesimo piano della scala sociale (42,5%, era il 56,2% nel 2023) e aumentano di poco chi riesce a prendere l’ascensore nel senso della salita, ovvero di un miglioramento del proprio posizionamento sociale: dal 9,1% (2023) al 12,3%.
Assistiamo così a un processo di “bi-polarizzazione” che svuota progressivamente le posizioni mediane (il ceto medio) e approfondisce il divario suddividendo la popolazione in due gruppi: quello (maggioritario e che pare allargarsi in misura più che proporzionale) costituito da chi vede ridurre le proprie possibilità, da un lato; e, dall’altro, chi migliora le condizioni socioeconomiche, con una crescita quantitativamente marginale.
Il risultato complessivo è un indicatore della qualità della vita percepita che peggiora progressivamente. Rimangono stabili quanti avvertono un miglioramento (5,0%) rispetto allo scorso anno (5,6%), mentre una condizione di invarianza (62,5% nel 2023) diminuisce fortemente (46,4%) a favore di una sensazione di peggioramento crescente (dal 31,9% del 2023, all’attuale 48,6%).
Se dalla valutazione sul passato e sull’attualità, passiamo alle prospettive future e ai problemi che si ritiene saranno le questioni principali da affrontare, anche in questo caso osserviamo dei mutamenti. I problemi appaiono meno gerarchizzati nella loro importanza ed emerge una sorta di polverizzazione: come se il menu delle questioni rilevanti si ampliasse e complicasse. Al primo posto incontriamo ancora il tema del costo della vita (34,0%), ma diminuito rispetto al 2023 quando veleggiava al 49,0%. Al suo fianco salgono altre problematiche come la preoccupazione per il futuro delle giovani generazioni (31,6%, +3,9), il cambiamento climatico (27,7%, +6,9), soprattutto la questione della criminalità (12,3%, +11,3), quest’ultimo in particolare fra i residenti di Reggio Emilia.
Non impensierisce meno, poi, la questione demografica che da qualche tempo è stata messa in risalto dai mezzi di comunicazione e dal fatto che le imprese faticano a trovare personale. Il 66,9% lo ritiene un problema molto grave le cui conseguenze si stanno già percependo. D’altro canto, la minore propensione a fare figli ha le radici nei costi che le giovani coppie dovrebbero sostenere (67,6%) e, per converso, la scarsità di aiuti ricevuti dallo Stato (59,5%) e la carenza di servizi di sostegno alle famiglie per chi lavora (61,9%). Infine, ma non per importanza, la consapevolezza che la mancanza di un contratto di lavoro stabile impedisce la prospettiva della genitorialità (63,6%). Una volta di più torna il tema della “incertezza” sul futuro: è questo che, più di ogni altro aspetto, frena la propensione alla procreazione per le giovani generazioni (53,1%).
Infine, ma non per importanza, un’alea di “incertezza” avvolge anche i temi della gestione del territorio. Detto che quote rilevanti di reggiani non riescono a formulare delle valutazioni in merito (un intervallo compreso fra il 18 e il 26% non è in grado di esprimersi), il 42,5% ritiene che i Comuni siano dotati di risorse sufficienti, ma che il problema risieda negli sprechi e nell’incapacità di realizzare una buona gestione delle risorse, echeggiando un afflato di anti-politica che da molti anni attraversa il nostro Paese. Rispetto alla fusione fra i comuni più piccoli per offrire migliori servizi e fare sinergie, il 25,7% non sa valutare quale possa essere la strategia migliore da mettere in atto. Una quota simile (26,6%) si dichiara contrario perché le aggregazioni fanno disperdere le identità locali. Poco meno della metà degli interpellati (47,7%) complessivamente si dichiara d’accordo ad accorpare i comuni, ma con motivazioni diverse. Questi esiti, una volta di più raccontano di un “in-certezza” che attraversa l’orizzonte dei reggiani e della difficoltà di affrontare simili questioni.
Ma la “in-certezza” è frutto anche di una scarsa conoscenza di diversi fenomeni che pur toccano da vicino l’esperienza quotidiana dei cittadini. Solo il 7,5% ha un’idea abbastanza precisa degli immigrati presenti sul territorio (il 41,0% non sa dire quanti siano); il 68,8% ritiene che gli immigrati siano di fede musulmana, mentre la maggioranza reale è composta da cristiani (53,0%). Ancora, fra i residenti a Reggio Emilia solo l’11,2% ha contezza sommaria di quanti siano gli studenti dell’università (il 46,9% non si esprime) infine, quote ancora maggiori non sanno cosa sia un Fondo Sociale Europeo (46,2%) o un Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (53,5%). Tematiche diverse, ma tutte caratterizzate da livelli di conoscenza approssimativi, che incidono negativamente sulla possibilità di decidere e deliberare con consapevolezza sui fenomeni più rilevanti di una comunità.
Certezza. Assieme agli indicatori di «in-certezza», tuttavia, si stagliano anche diversi elementi che fanno intuire la presenza pervasiva di radici solide e che hanno fondamenta diffuse nell’immaginario collettivo della popolazione. È questo il ruolo e il posizionamento del mondo della produzione e del lavoro, in particolare dell’industria e dell’agricoltura. Confrontando gli esiti con un’analoga ricerca svolta presso la popolazione italiana , il dato appare ancor più marcato ed evidente. I settori che più di altri hanno contrassegnato lo sviluppo locale sono ritenuti l’industria (60,8%) e l’agricoltura (57,8%), collocati alla cima della graduatoria. Ben diversa è l’opinione degli italiani che al primo posto posizionano il turismo (55,2%), mentre industria (34,8%) è al secondo posto, l’agricoltura al quarto (29,9%). Se dal passato, chiediamo di volgere lo sguardo al futuro, la proiezione non cambia: per i reggiani l’industria rimane al primo posto (57,8%, 29,9% fra gli italiani), l’agricoltura al secondo (43,6%, 28,2% per gli italiani). Dunque, l’industria (e l’agricoltura) rimangono un punto “certo” di riferimento.
Questo sentimento è nutrito anche da un orientamento trasversale nella popolazione favorevole all’impresa. Il 44,9% dei reggiani ha un atteggiamento nettamente favorevole nei suoi confronti, e una quota analoga (47,1%) si mostra favorevole, seppure con qualche riserva. Se di atteggiamento anti-impresa dobbiamo parlare, questo coinvolge una larga minoranza: l’8,0%. Il raffronto con il resto della popolazione italiana è utile a dimostrare quanto esista nel reggiano un’espressione positiva verso l’impresa: il 44,7% degli italiani vede con favore esplicito l’impresa, il 34,8% appare ambivalente nei suoi confronti, infine il 20,4% le è espressamente contrario.
A ulteriore conferma viene l’indicazione circa i fattori che costituiscono un elemento di competitività del territorio, rispetto ad altri. L’industria (44,3%) e la professionalità del capitale umano (39,5%) costituiscono gli asset strategici su cui puntare, assieme al sistema formativo dell’istruzione tecnico-professionale (27,0%) e all’università (25,3%), oltre alla presenza della stazione Mediopadana (25,6%).
Sotto questo profilo, ben si comprende come l’aspettativa dei reggiani sia che l’industria trovi maggiori forme di collaborazione con le scuole superiori del territorio (77,0%) e di apertura al territorio. Oltre che ad esprimere una valutazione largamente positiva – tra i residenti a Reggio Emilia – del ruolo che l’Università svolge a livello locale per lo sviluppo economico e sociale (68,9%).
Anche le forme della coesione sociale e della partecipazione associativa costituiscono un elemento di “certezza” per la società e l’economia. Complessivamente, il 39,0% è inserito attivamente nelle forme di partecipazione politica, il 52,3% in quelle di natura sociale, il 39,5% nelle nuove forme, come il boicottare prodotti per motivi etico-politici, partecipare a discussioni attraverso i social e così via. Esiti che, guardando alle nuove generazioni, crescono sensibilmente, rispettivamente il 62,0%, 69,8% e 58,4%. Ma anche nelle realtà urbane come Reggio Emilia hanno una maggiore possibilità, fruibilità e coinvolgimento: 42,9%, 56,7% e 46,2%.
Rimanendo nell’alveo della coesione sociale, e data la rilevanza quantitativa e qualitativa, anche la questione dell’accoglienza dei migranti assume un valore positivo: il 35,4% dei reggiani esprime un orientamento totalmente positivo nei loro confronti sia per quanto riguarda l’arricchimento culturale, sia per la presenza sul mercato del lavoro. Il 59,4% manifesta una valutazione positiva, ma bilanciata da alcune perplessità, mentre una quota marginale (5,2%) si dichiara nettamente contrario alla loro presenza. Esiti che, peraltro, confermano come la questione immigrati sia collocata al fondo della classifica dei problemi più urgenti da affrontare per il prossimo futuro.
Alla fine, alla chiusura di un anno particolarmente problematico, è possibile anche individuare un ulteriore elemento di (timida) fiducia. Considerando l’indicatore sul futuro economico – ovvero le aspettative per il 2025 comprendente le prospettive per la propria famiglia, il territorio di residenza, l’Italia e l’Europa – il risultato sintetico del saldo di opinione, fra chi intravede un miglioramento e chi un peggioramento, porta un segno negativo: -37,6. Lo scorso anno, però, questo indicatore risultava essere pari a -41,4. Dunque, un leggero miglioramento pare intravedersi. Solo successive rilevazioni potranno confermare se il trend è effettivamente in ripresa. Ma, se ricordiamo il processo di erosione in corso illustrato in precedenza, non si può non considerare questo risultato come un (tiepido) segno di fiducia nel futuro.
Servizio Tg di Giulia Gualtieri
Reggio Emilia premio meccatronica Uindustria Giuseppe D’Auria