REGGIO EMILIA – Sala affollata, ieri sera all’hotel Astoria, per la presentazione del libro di Giuseppe Pagliani. L’ex esponente di Forza Italia la raccontato la sua odissea giudiziaria nell’inchiesta Aemilia, ma ha anche lanciato segnali di rivalsa sui suoi avversari politici.
L’amarezza per un arresto e una vicenda giudiziaria che si è conclusa con un’assoluzione dopo 7 anni. La polemica contro il pm Marco Mescolini, che ha sostenuto l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, poi caduta. Sono alcuni temi della serata in cui l’avvocato ha presentato il suo libro “Ventitre giorni”. “Ho subìto una condanna senza colpa – le sue parole – Perché 7 anni e mezzo di processi e di traversie giudiziarie come quelle che ho vissuto sono già la condanna. Hanno cercato di continuare ad accusare qualcuno che era stato già prosciolto ampiamente”.
Pagliani non si è limitato, col suo libro, alla rivendicazione di un risarcimento morale per le sue vicissitudini giudiziarie. Riapre polemiche politiche contro i suoi avversari di centrosinistra, suppone un vuoto delle indagini nei loro confronti, fa filtrare l’ipotesi di una riapertura dell’inchiesta Aemilia. E a dargli manforte è venuto da Parma Giovanni Bernini, altro esponente di Forza Italia finito sotto esame della magistratura. “Il problema è nell’inchiesta. Va riaperta? Sì. L’inchiesta doveva, e non l’ha fatto, trovare le vere collusioni tra la politica e la mafia. Oggi c’è una relazione depositata, che diverrà pubblica tra pochi giorni”.
Il libro di Pagliani non chiude dunque una vicenda. Apre altri capitoli, che attengono la disputa con le procure, la lotta politica alle amministrazioni del Pd. E alla domanda se davvero, accettando quella cena per discutere di come contrastare le interdittive antimafia del prefetto De Miro, non sapesse della caratura criminale dei fratelli Sarcone, che gli è stata addebitata anche nella sentenza di assoluzione, ammette che sì, fu un errore, ma da inconsapevole. “Se avessi saputo chi fossero Sarcone e Diletto, mai ci sarei andato. Ma cosa dire allora di amministratori locali, e anche di mio compagni di partito, che sono andati a Cutro a fare campagna elettorale?”.
Gian Piero Del Monte
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