TOANO (Reggio Emilia) – Sono stati condannati a 12 anni di reclusione la 38enne Silvia Pedrazzini e il marito Riccardo Guida (43). Sono stati giudicati colpevoli, al termine del processo di primo grado con rito abbreviato, di maltrattamenti aggravati, sequestro di persona, truffa ai danni dello Stato e soppressione di cadavere. Caduta l’accusa di omissione di soccorso. Sono la figlia e il genero di Giuseppe Pedrazzini, ritrovato senza vita nel pozzo di casa a Cerrè Marabino, frazione di Toano, l’11 maggio del 2022. Aveva 77 anni. Il pubblico ministero ha chiesto e ottenuto dallo stesso giudice il rinvio a giudizio della vedova Marta Ghilardini (64).
Silvia Pedrazzini e Riccardo Guida nel frattempo sono tornati in carcere. La Cassazione ha accolto nei giorni scorso il ricorso della Procura contro la concessione dei domiciliari.
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Il servizio di Andrea Bassi per Tg Reggio
“La pena è stata rideterminata secondo principi più di giustizia. Sono stati assolti dall’omissione di soccorso. Per il resto valutiamo le motivazioni, poi decideremo se fare appello”. Così l’avvocato Ernesto D’Andrea. Una pena severa, scontata però di un terzo rispetto alle richieste dell’accusa. Il pm Piera Giannusa aveva chiesto 18 anni e 2 mesi per Silvia Pedrazzini e Riccardo Guida, marito e moglie, rispettivamente di 38 e 43 anni. Il giudice per l’udienza preliminare Andrea Rat, dopo quasi tre ore di camera di consiglio, ha pronunciato la sentenza, condannando entrambi a dodici anni e concludendo così il procedimento con rito abbreviato. Al contempo ha rinviato a giudizio Marta Ghilardini, la 64enne moglie di Giuseppe Pedrazzini, accogliendo così la richiesta del pubblico ministero. Assente dall’aula Riccardo Guida, per sua stessa decisione. Diversi i capi d’accusa al centro del dibattimento. Tra questi è caduta l’ipotesi di omissione di soccorso. Sulla condanna non ha dunque pesato il comportamento della coppia formata da figlia e genero nel giorno della morte dell’anziano, collocata in data 5 marzo 2022. Rilevante, invece, la condotta dei maltrattamenti, che avrebbero causato la morte del 77enne, aggravati dall’essere stati commessi in presenza del nipote minorenne. In piedi, così come l’aveva formulata il pm, è rimasta l’accusa di soppressione di cadavare, che l’avvocato difensore D’Andrea aveva chiesto di mutare in occultamento. In ultimo il giudice ha ritenuto fondata anche l’ipotesi della truffa ai danni dell’Inps, relativa ai soldi della pensione incassati dopo il decesso, verificatosi oltre due mesi prima del ritrovamento del cadavere.
Soddisfatta Naima Marconi, avvocato delle sorelle e del fratello di Giuseppe Pedrazzini, secondo la quale è quantificato in 102mila euro il danno subito per la perdita parentale. Il giudice ha riconosciuto una provvisionale di 50mila euro, a tale importo si aggiungerà l’eventuale risarcimento in sede civile.
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