REGGIO EMILIA – In questo video brandivano un machete e mimavano il taglio della gola. Ma poteva essere un coltello. I messaggi sui social erano quotidiani: in strada o nelle loro abitazioni. Avvolti da tuniche, con in testa copricapo neri.
Misure cautelari in carcere per 14 persone disposte nelle ultime ore, gli appartenenti a una cellula autonoma autodenominatasi “gruppo Gabar”, ma parte di una rete terroristica internazionale di matrice jihadista. “Ora bisogna andare in ogni città e trovare quelle 10 persone che mi servono…più saremo, meglio è..” dicevano tra loro. Oppure: “Fammi lavorare 2 mesi e poi troviamo una nostra ‘tana’ e facciamo il gruppo Gabar qui in Italia”. E ancora: “Tra due mesi comincio a comprare delle armi”.
Ci sono stati, per ora, arresti in Spagna e in varie città italiane, ma il presunto capo del gruppo viveva a Fabbrico e la Digos di Reggio Emilia lo teneva d’occhio da un anno: Yaseen Tahir, 24 anni, pakistano, operaio nel settore metalmeccanico. Alle 4 della scorsa notte gli uomini e le donne dirette da Lucio Di Cicco lo hanno prelevato in un’abitazione di via Trieste, dopo un’indagine complessa fatta di intercettazioni telefoniche e ambientali, controllo dei gps, delle telecamere e dei telefoni per più di nove milioni di righe di traffico.
Era solo in quel momento, e non risulta abbia famiglia, ma la capacità degli indagati di muoversi con veloce fluidità è impressionante ed è quasi sicuro che altre persone gravitassero nel Reggiano attorno al 24enne, che cambiava spesso luogo di lavoro. Sempre a Fabbrico, dall’estate del 2021, si sarebbero svolti vari incontri del gruppo.
L’operazione, coordinata dalla Dda e dall’antiterrorismo di Genova, ha preso le mosse da informazioni acquisite nel 2020 dal comparto intelligence nazionale: si segnalava la presenza in Italia di persone vicine al circuito di Hassan Zaheer Mahmood, il pakistano che il 25 settembre di due anni fa a Parigi, nei pressi dell’ex sede della rivista satirica Charlie Hebdo, ferì gravemente con un machete due persone per vendicare la ripubblicazione delle vignette sul Profeta. La svolta è arrivata quando, nell’aprile del 2021, il 24enne arrestato a Fabbrico ha fatto rientro in Italia dalla Francia dove era stato arrestato per aver portato con sé un grosso coltello in un luogo pubblico: la prima tappa a Chiavari, poi direzione provincia di Reggio Emilia.
Nel provvedimento che dispone la misura cautelare di Tahir si legge che “promuoveva, a partire dall’aprile 2021, la formazione di una cellula sedente e operante in Italia, attraverso il reclutamento di sodali, l’individuazione di un covo, l’acquisto di armi, offrendo ospitalità e mantenendo rapporti e contatti con personaggi al vertice della organizzazione”. L’indagine tecnica sui suoi profili social ha poi fatto emergere
l’esistenza della cellula terroristica, i cui giovani componenti pakistani risultano tutti in contatto con l’attentatore di Charlie Hebdo. Due mesi prima dell’attentato del settembre 2020 alcuni di loro si sono fotografati assieme a lui sotto la Tour Eiffel, la didascalia era “abbiate un po’ di pazienza, ci vediamo sui campi di battaglia”.Reggio Emilia polizia terrorismo islamico charlie hebdo