REGGIO EMILIA – Sulle terapie per contrastare il Covid-19, sono soltanto tre i trials di ricerca controllati e randomizzati, ideati e portati a termine in Italia e poi pubblicati su riviste internazionali. Due di questi sono stati coordinati dall’Ausl reggiana: si tratta di studi indipendenti, non sponsorizzati.
Dopo quello randomizzato sull’efficacia del farmaco Tocilizumab nel prevenire l’aggravamento di pazienti con polmonite da SARS-CoV-2 presentato su JAMA Internal Medicine, è stato di recente pubblicato anche il secondo importante contributo di ricerca sull’European Respiratory Journal, prestigiosa rivista dell’European Respiratory Society. Titolo di questo nuovo lavoro: “Intravenous methylprednisolone pulses in hospitalised patients with severe Covid-19 pneumonia. A double-blind, randomised, placebo controlled trial“. Questo secondo studio è stato ideato e disegnato da Nicola Facciolongo, direttore del reparto di Pneumologia del Santa Maria Nuova; Marco Massari, direttore delle Malattie infettive; e da Carlo Salvarani, professore di Unimore e direttore del reparto di Reumatologia, con il supporto fondamentale dell’ex direttore scientifico, dottor Massimo Costantini. Nell’arruolamento dei pazienti per il nuovo lavoro c’è stata la collaborazione da parte di 18 centri di Pneumologia o Malattie infettive, in prevalenza del Nord Italia, tra cui quella di Modena con il professor Giovanni Guaraldi e il dottor Giovanni Dolci.
Si tratta di uno dei pochissimi studi randomizzati controllati sui boli di steroide in una condizione iperinfiammatoria, come la polmonite da Covid-19. Per “boli di steroide” si intende la somministrazione per via endovenosa di prednisone o equivalenti cortisonici a un dosaggio uguale o maggiore di 250 mg al giorno per uno o più giorni (solitamente per 3-5 giorni consecutivi). Il trattamento con boli di steroide è utilizzato in medicina come terapia iniziale per le condizioni immuno-infiammatorie particolarmente severe e pericolose per la vita, con lo scopo di avere un’immediata e massima azione anti-infiammatoria.
Rispetto ai due obiettivi primari prefissati, lo studio non ha rilevato differenze tra boli e placebo per quei pazienti dimessi dall’ospedale senza ossigenoterapia entro 30 giorni dalla randomizzazione, e non ha ravvisato differenze nella durata dell’ospedalizzazione (tempo di dimissione). Inoltre, non sono state osservate differenze neppure nella percentuale dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva che andavano incontro a intubazione o decesso (obiettivi secondari). Infine, relativamente agli effetti collaterali non sono state osservate differenze in termini di tossicità con il gruppo trattato con placebo.
“Anche gli studi che hanno esito negativo sono importanti – spiega il professor Salvarani – la comunicazione selettiva dei risultati positivi e la non comunicazione dei risultati negativi è conosciuta come bias di pubblicazione (una sorta di distorsione). Soprattutto nel caso degli studi sponsorizzati, ma anche in quelli indipendenti, vi è la tendenza naturale a promuovere e pubblicare gli studi con risultati favorevoli e a minimizzare quelli con risultati sfavorevoli. Si stima che più della metà degli studi clinici negativi completati non siano mai stati pubblicati su riviste accademiche, determinando una chiara sovrastima di efficacia per quel determinato farmaco di cui vengono pubblicati solo gli studi positivi”.
“Questo studio – dichiara il professor Antonino Neri, attuale direttore scientifico – rappresenta un chiaro e importante esempio del livello scientifico con cui la nostra azienda e tutto il suo personale sanitario hanno saputo affrontare le molteplici sfide cliniche e assistenziali legate alla pandemia nell’interesse dei pazienti e di tutta la nostra popolazione”.















