REGGIO EMILIA – Colpevole, innocente e ancora una volta colpevole. E’ ricca di colpi di scena la vicenda giudiziaria che vede alla sbarra Gino Renato, oggi 79enne, per il tentato omicidio del costruttore edile e suo compaesano a Cutro Vito Lombardo, che venne ferito a colpi di arma da fuoco davanti alla casa di Coviolo la sera del 23 novembre 2010.
A 13 anni di distanza, la Corte d’Appello di Bologna (II sezione) ha confermato integralmente la sentenza pronunciata in primo grado dal tribunale di Reggio il 21 maggio 2014 dal collegio presieduto da Francesco Maria Caruso (a latere Cristina Beretti e Andrea Rat): condanna confermata, dunque, a 12 anni e due mesi di reclusione per Gino Renato. Ma il 79enne era stato assolto la prima volta dalla stessa corte d’Appello di Bologna, a fine ottobre 2019. Poi, la prima sezione penale della Corte di Cassazione a settembre 2021 aveva annullato con rinvio l’assoluzione, sui ricorsi della Procura generale di Bologna (pg Valter Giovannini) e dell’avvocato Francesco Antonio Maisano (legale della famiglia Lombardo).
Subito dopo il suo ricovero in ospedale, Lombardo aveva indicato ai carabinieri il nome del suo aggressore riconoscendolo anche in fotografia. Il tribunale di Reggio, dunque, aveva condannato l’imputato in primo grado, ritenendo credibile il racconto del ferito. Ma la Corte di Appello, invece lo aveva assolto sul presupposto che il riconoscimento potesse essere viziato da un deficit del ricordo. In questo secondo passaggio in Appello, sono stati ascoltati come testimoni anche il pentito Antonio Valerio e il boss della ‘ndrangheta, Nicolino Grande Aracri. Nel frattempo, Lombardo è morto a seguito delle complicanze di una grave malattia. I familiari, presenti in aula, hanno espresso tramite il loro legale “soddisfazione per una sentenza che ha ristabilito la verità, che aveva rischiato di disperdersi”. I legali di Renato, gli avvocati Domenico Noris Bucchi e Luigi Colacino, annunciano un nuovo ricorso in Cassazione.
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