REGGIO EMILIA – Si è conclusa la lunga vicenda giudiziaria legata all’episodio di sangue avvenuto nel novembre 2010 a Coviolo, quando il costruttore edile Vito Lombardo fu raggiunto da colpi di arma da fuoco davanti a casa. Un iter che è durato quasi 14 anni durante il quale non sono mancati i colpi di scena. Alla sbarra per l’agguato Gino Renato, oggi ottantenne, un tempo attivo sempre nel settore delle costruzioni e compaesano di Lombardo, entrambi di Cutro. A processo per tentato omicidio, era stato ritenuto colpevole, poi innocente e ancora una volta colpevole.
Nel 2019 la Corte d’Appello aveva infatti deciso di assolverlo con formula piena accogliendo il ricorso presentato dai suoi legali Noris Bucchi e Luigi Colacino.
Assoluzione successivamente annullata dalla Corte di Cassazione con rinvio degli atti in Corte d’Appello, la quale successivamente ha condannato Renato a 12 anni e due mesi.
Nel frattempo Lombardo era deceduto per motivi di salute prima della conclusione del primo processo d’appello.
Dopo dunque cinque passaggi nelle aule giudiziarie il verdetto definitivo è giunto ieri, al termine della discussione davanti alla suprema corte. Che ha confermato la condanna, riducendola tuttavia di due mesi alla luce della prescrizione che ha fatto cadere le accuse per i reati minori in materia di armi.
I familiari di Vito Lombardo hanno espresso soddisfazione per la sentenza della Cassazione. “Papà ha affidato alla giustizia la verità da subito – ha fatto sapere la figlia – e ha continuato con fiducia a proteggere i suoi diritti”.
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