REGGIO EMILIA – “Ciao a tutti, un ringraziamento a tutti”. Da sinistra: Luciano Catti di San Valentino di Castellarano; Giuseppe Notaristefano, modenese; Paolo Ghiddi, residente a Salvaterra di Casalgrande. Da Wuhan, Cina, zona del primo focolaio del coronavirus, alla Cecchignola, sud di Roma.
E’ sera inoltrata quando girano, e ci inviano, questa testimonianza video. Per tutta la giornata il consiglio era stato quello di evitare le comunicazioni social; una giornata trascorsa a riprendersi dallo scombussolamento dato dal viaggio e dalla situazione e dedicata a sistemarsi nelle stanze loro assegnate all’interno del Centro olimpico nella città militare. “Non siamo in una struttura ospedaliera ma militare, ci controllano, siamo tranquilli e abbiamo tutto quello che ci serve”.
Se tutto continuerà a procedere come ora, torneranno a casa il 17 febbraio. Fino a quel momento, l’isolamento prevede che ognuno mangi nelle proprie stanze e che la temperatura gli venga misurata tre volte al giorno. Per il resto, è possibile anche uscire negli spazi esterni della base, sempre indossando mascherina e guanti; ci sono campi da gioco e tavoli da ping pong e spazi ricreativi in modo da tenere impegnati anche i bambini. Si sta cercando di capire se sia possibile fare arrivare i famigliari dei 56 italiani in modo che ci sia almeno un contatto visivo, ma mantenendo l’isolamento.
Il gruppo reggiano-modenese, ci racconta Catti, fa fronte comune e il morale è abbastanza alto: ci sono anche Fabio Carino e Michel Talignani, che erano già a Wuhan per lavoro quando sono stati raggiunti dai tre colleghi, il 22 gennaio; tutti lì per conto della System di Fiorano, Ghiddi in appalto dalla Elettrica77 di Rubiera.
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