REGGIO EMILIA – Il provvedimento parte da un’analisi della situazione del mercato creditizio e da un’accusa esplicita alle banche: quella di avere lucrato sul rialzo dei tassi d’interesse deciso dalla Banca Centrale Europea.
Se il costo dei prestiti a imprese e famiglie e dei mutui per la casa si è rapidamente adeguato all’incremento dei tassi, gli interessi riconosciuti per le somme in giacenza sui conti correnti si sono mossi con grande lentezza. Il Governo vuole imporre una tassazione supplementare e temporanea del 40% su questo gap. Dunque, non su tutti i profitti delle banche, ma solo sul margine d’interesse. Questa voce oggi rappresenta, più delle commissioni, la principale fonte di guadagno degli istituti di credito.
Proprio ieri il Credem ha approvato i conti dei primi sei mesi dell’anno: il margine di interesse è passato da 296 milioni di euro a 539, ovvero 243 milioni in più rispetto allo stesso periodo del 2022 con un balzo dell’82%. Sempre ieri è stata approvata la relazione semestrale di Credemholding, la finanziaria che detiene il 79% delle azioni della banca di via Emilia San Pietro. L’utile netto è raddoppiato: 236 milioni in sei mesi.
Quanto più crescono la dimensione delle banche e il numero dei clienti, tanto più il margine d’interesse raggiunge cifre vertiginose. Vediamo i dati delle relazioni semestrali appena approvate: Bper Banca e Banco Bpm hanno superato la soglia del miliardo e mezzo di euro; Unicredit ha sfiorato 3,5 miliardi di margine d’interesse e la prima banca italiana, Intesa Sanpaolo, è arrivata addirittura a 6,8 miliardi di euro. Più di un miliardo al mese.
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