REGGIO EMILIA – Associazioni a tutela dell’ambiente e cittadini, cooperative sociali e sacerdoti: sono oltre cento i firmatari di una lettera che è stata inviata al vescovo di Reggio Massimo Camisasca, al consiglio presbiterale e al consiglio episcopale. Gli si chiede di ascoltare le loro preoccupazioni, “di invertire la rotta, di dare una testimonianza coerente e profetica”. Di rinunciare, in sintesi, a partecipare all’intervento edilizio in programma a sud del centro commerciale Conad Le Querce. L’oggetto della questione tornano a essere infatti quei 160mila metri quadrati su cui sorgeranno una novantina di alloggi, attività commerciali e parcheggi. Più di un terzo del terreno è di proprietà della Curia.
TgReggio e Reggionline ne avevano dato notizia a inizio dicembre e da allora è stato un fiorire di polemiche e di opinioni contrarie; c’è stata anche una mobilitazione in piazza Prampolini, ma qui, con questa lettera, si parla di un numero importante di persone e di enti che lavorano nel sociale, e molti di questi operano in un contesto diocesano: dal Gruppo laico missionario all’Olive, da Sposi per il servizio, Servi per la Chiesa ai sacerdoti don Eugenio Morlini, don Emanuele Benatti e don Daniele Simonazzi. E poi ci sono Città Migrante e Reggio Città Aperta, Laboratorio Aria Pulita, Wwf Emilia centrale, Slow Food. Capofila dell’iniziativa, Giardo Filippini presidente dell’Associazione Rurali Reggiani, che si occupa di attività di formazione e informazione per un corretto uso del territorio. I firmatari descrivono come una “pesante doccia fredda sentire che la diocesi ha investito in un progetto di sviluppo edile”.
Qualche tempo fa la Curia aveva detto di “non aver alcuna intenzione di perseguire finalità speculative a danno della collettività”, ma anche di voler “preservare la sua proprietà e soprattutto non danneggiare i comproprietari che in quell’area hanno investito i risparmi di una vita”. Parole che queste associazioni definiscono desolanti, visto che non si parla minimamente – dicono – di eventuali benefici socio-ecologici del progetto. “Come può il Papa – si chiedono i firmatari – reiterare messaggi di cambiamento globale denunciando l’economia e il consumismo mentre la struttura locale della chiesa continua a sfruttare le stesse vecchie logiche?”.
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