BOLOGNA – Il macabro conteggio è ripreso. Sono già quattro, più quello di un impiegato, i suicidi in carcere in Italia nel 2025, ben due avvenuti nella casa circondariale di Modena, dove l’ultimo caso riguarda un 49enne italiano accusato di femminicidio. Una vera emergenza sociale, se si pensa che lo scorso anno i reclusi che si sono tolti la vita sono stati 89, cui si devono aggiungere 7 appartenenti alla Polizia penitenziaria.
Non basta spiegare il fenomeno con lo stato delle carceri nel nostro Paese, il sovraffollamento e la carenza di personale anche se a fronte di 16mila detenuti nell’organico della Polizia penitenziaria, secondo i sindacati, mancano 18mila addetti. A fronte di gravi deficienze strutturali, infrastrutturali, logistiche, organizzative, diventa indispensabile agire sul fronte dell’assistenza sanitaria.
Per questo la Regione Emilia Romagna ha deciso di stanziare oltre 18 milioni di euro per cure sanitarie, lotta alle dipendenze e supporto psichiatrico delle persone detenute. Delle risorse stanziate, 7,2 milioni provengono dal Fondo sanitario regionale e 10,8 milioni da quello nazionale. 16,9 milioni di euro sono destinati alla sanità penitenziaria, 660mila euro alle Atsm di Reggio Emilia e Bologna, che si occupano di tutela della salute mentale, e 510mila euro andranno al contrasto e alla cura delle dipendenze, droga o alcol, in carcere. Sette le Ausl, sede di Istituti Penitenziari, destinatarie delle risorse.
Per quanto riguarda Reggio Emilia alla Ausl arriveranno 1,3 milioni di euro, cui si aggiungono poco più di 40mila euro per il contrasto alle dipendenze, mentre l’Atsm riceverà 500mila euro.
“Un sostegno importante – afferma l’assessore alle Politiche per la salute, Massimo Fabi – per permettere agli Istituti penitenziari di rafforzare la capacità di risposta alle esigenze sanitarie di una fascia di popolazione particolarmente fragile, caratterizzata da bisogni che spaziano da malattie croniche alla salute mentale e dipendenze patologiche. L’obiettivo è garantire, non solo un’assistenza efficace, ma anche una continuità di cura tra il carcere e il territorio, essenziale per ridurre recidive e promuovere la riabilitazione. Non a caso si tratta di uno dei primi provvedimenti sanitari che approviamo in questa legislatura, in un contesto che richiede interventi mirati per colmare le disuguaglianze e tutelare il diritto alla salute anche nelle realtà più complesse”.