REGGIO EMILIA – “Ci sono voluti 40 anni per poter fare un racconto corretto di quell’avvenimento”. Dalle parole pronunciate da Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione Familiari Vittime Strage di Bologna, emerge il senso dell’attesa straziante che, tuttavia, ha avuto un senso per i familiari delle vittime, arrivati ieri alla verità giudiziaria.
I giudici della Corte d’appello di Bologna parlano di prove eclatanti del contributo dell’ex capo della P2 Licio Gelli e di altri vertici della loggia massonica nell’attuazione della strage del 2 agosto 1980; definiscono il ruolo dei servizi segreti e dei gruppi neofascisti che eseguirono materialmente l’attentato. C’è tutto nelle 1.700 pagine delle motivazioni della sentenza del processo di primo grado che ha portato alla condanna all’ergastolo per l’ex primula nera reggiana Paolo Bellini, accusato di essere il quinto uomo del commando che ha posizionato in stazione la bomba che ha ucciso 85 persone e ne ha ferite più di 200. “La figura diventa inquietante, perché oltre a essere una persona che ha operato in maniera pesante prima della strage, dopo la strage è stato usato dai servizi segreti per infiltrarsi nella mafia. E’ anche presente nella trattativa stato – mafia. E’ un elemento di collegamento tra passato e futuro”, ha aggiunto Bolognesi.
Non hanno mai smesso di cercare la verità i familiari, ed è grazie al loro impegno che si è arrivati al processo. E non hanno intenzione di fermarsi: “Manca completamente tutto l’aspetto politico che c’è stato dietro la strage – ha concluso – I vertici dei servizi segreti dell’epoca, tutti iscritti alla P2, sono stati dominati da un Governo Andreotti – Cossiga. Questo deve essere tenuto presente anche per fare valutazioni politiche sulla questione”.
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